La vendetta dei SYNTH. Come Paradiso & co hanno stravolto i gusti degli italiani

di Francesco Bommartini / Cover image di Hugo F.

La partecipazione degli Ex-Otago alla 69esima edizione del Festival di Sanremo era stata rivelatoria. I genovesi sono infatti gli artefici, insieme a I Cani e Lo Stato Sociale, del pop elettronico che negli ultimi anni si è impadronito dell’attenzione dell’Italia che ascolta, anche distrattamente, musica. In barba al rock più aggressivo de I Ministri, Il Teatro degli
Orrori
e Fast Animals and Slow Kids. Tutti gruppi che, insieme a The Zen Circus, continuano ad avere un ottimo riscontro (con I Ministri reduci dal discreto Fidatevi), ma che non raggiungono le vette di ascolti del nuovo che avanza (come invece avveniva quando ho scritto Riserva Indipendente). In particolare di Liberato, Gazzelle, Carl Brave x Franco 126, lemandorle, Galeffi, Pop-X. Artisti che entrano più nelle classifiche di ascolto digitali (Spotify, Deezer) che in quella stilata dalla Fimi (Federazione Industria Musicale Italiana). Una massiccia presenza negli attuali gusti degli
italiani che sa di lavoro in cameretta e successiva legittimazione, di rivincita dei nerd che improvvisamente divengono appetibili.

Storie di voci filtrate e basi in cui synth e tastiere sono preponderanti e disegnano melodie semplici ma catchy. Di canzoni in cui gli strumenti classici del rock (chitarra, basso, batteria) giocano spesso un ruolo secondario. Distantissime, quindi, dai dettami del rock anni ’90, che in Italia è stato vivacizzato dalla profondità alternativa degli Afterhours, dalla veemenza dei Verdena e dalla visione più pop dei Tre Allegri Ragazzi Morti. Anche se, sempre in quel periodo, un certo utilizzo delle tastiere era stato perpetrato anche dai Subsonica. Il gruppo torinese è riuscito a far
ballare migliaia di italiani usando i synth per vestire brani già solidi. Un approccio diverso rispetto a quello dei coetanei Bluvertigo, più votati alla filosofia che non al ballo.

La voglia di leggerezza dei giovani dopo dieci anni di crisi (economica; di valori; della fisicità, anche discografica) è grande. Così, alle invettive de I Ministri ed all’impegno testuale di Pierpaolo Capovilla, i ragazzi, che dettano i trend musicali, prediligono le ballate synthetiche in napoletano di Liberato (il singolo Tu t’e scurdat ‘e me ha ampiamente superato i 23
milioni di contatti su Spotify), la voce filtrata ed i mid-tempo di Gazzelle, gli
sbarazzini brani de L’Officina della Camomilla e l’umorismo non propriamente sofisticato dei Pop-X (che nel 2016 hanno pubblicato un album intitolato Lesbianity). O il pop rappato, ma sempre ammorbidito dalle tastiere, di Coez, autore del successo E’ sempre bello, 80 milioni di
ascolti su Spotify.

E’ sempre bello, Coez

Se oggi le radio passano pop elettronico lo dobbiamo certamente alle corazzate I Cani e Lo Stato Sociale, fautori di canzoni che tratteggiano con una certa dose di ironia una Roma vagamente decadente (specie nel Il sorprendente album d’esordio de I Cani) e, nel secondo caso, una visione Bologna-centrica, fatta di slogan che, a volte, raggiungono l’obiettivo (come nel brano Mi sono rotto il cazzo). Ma la vera sterzata è stata opera dei Thegiornalisti, che, prima di sciogliersi a settembre dello scorso anno, hanno raggiunto davvero tutti, più di quanto fatto dagli album dei padri putativi di quest’approccio easy electro. Con buona pace di chi etichetta tutto questo movimento con il termine “indiesfiga”.

Nel 2017 i Thegiornalisti hanno piazzato, con il sostegno di Universal, un album vincente ed un singolo killer. Quella Riccione che ha fatto da megafono – con oltre 37 milioni di ascolti su Spotify – a tutto il sottobosco di epigoni. Un brano che ha fatto seguito al quarto disco della band di Tommaso Paradiso, quel Completamente Sold Out dal titolo provvidenziale, visti i pienoni concertistici in mezza Italia, comprese due location di prestigio: il PalaLottomatica di Roma e il Mediolanum Forum di Milano. Un album Disco di Platino. Il loro successo è stato un assist anche per Viito, il cui singolo Bella come Roma ha scalato le classifiche di Spotify.

Ben prima l’etichetta bolognese Garrincha (ho anche partecipato ad un concerto organizzato a Bologna con molte loro band, nel 2017) è stata motore di tutto questo movimento, in cui l’ariosità delle soluzioni armoniche contrasta con arrangiamenti minimal, dettate ad inizio 2000
anche dagli Amari. Lo è da tempi meno sospetti, con L’Orso e L’Officina della Camomilla. E ha portato gli Ex-Otago verso l’album Marassi, quello del pieno e vero successo commerciale. Il loro netto cambio di sound, a favore delle tastiere, è opera soprattutto della produzione di Matteo Cantaluppi, l’architetto del sound di Completamente Sold Out. Ma pure degli album di Edipo, che da oltre un anno sta raccogliendo riscontri con il progetto electro-rap Coma_Cose, forse vero erede del fil-rouge di cui sto scrivendo, in grado di unificare ariosità e cantanto rappato. E ancora del disco Qui ed Ora (Sugar Dischi) del battiatiano Paletti, di M+A, di alcuni singoli di Canova. Tutti lavori in cui l’elettronica easy listening ha un ruolo
importante.

Coma Cose

Canova, poi, è nel roster di Maciste Dischi, etichetta che ha puntato sui brani ammantati di morbide tastiere e synth. Ne fanno parte anche Galeffi, Siberia e Gazzelle. Artisti che fanno storcere il naso a chi ancora crede nelle chitarre trascinante e nelle ritmiche serrate, nei testi profondi e nei live energici. Ma si tratta comunque di corsi e ricorsi storici: quale ultratrentenne non ha avuto da ridire sulla musica che andava per la
maggiore nel suo periodo storico di riferimento? Solo il tempo saprà dirci se quello della generazione musicale The-giornalistica sarà un successo effettivo e valido (come il cantautorato anni ’60, il prog, il punk) o solo un piccolo, grande abbaglio. Senza dimenticare che esiste un’altra elettronica, sempre made in Italy, che interpreta le sfumature provenienti dall’estero ed utilizza l’inglese per esprimersi su tappeti che si avventurano anche nell’ambient. Birthh, Populous, HÅN, Iosonouncane, Giungla,
Godblesscomputers, pur non raggiungendo certi picchi d’ascolto, hanno una dignità artistica. Per non parlare dei rapper (e trapper) che poggiano su una visione synth-centrica come Dark Polo Gang, Rkomi & co.

Ma questa è un’altra storia.