Cosa si prova ad essere il primo artista rap su Reverbnation?
È una grande sensazione, lavoro duro per questo. Non sarei in grado di farlo senza il supporto delle persone.
Quest’anno sei impegnato in 4 progetti: ce ne vuoi parlare?
Il 10 gennaio 2021 ho pubblicato un album Mixtape “Estoy De Regreso” dopo 10 anni in cui non ho pubblicato alcun progetto hip hop. In questo momento sta andando abbastanza bene. Pubblicherò altri 4 progetti quest’anno, due album di musica popolare messicana chiamati “Catorce Kilates” e “Negocio Es Negocio” e due progetti hip hop chiamati “Freeze Flowing” e “Freaky Thoughts“. Sono davvero felice di rilasciare tutti questi fantastici progetti quest’anno!
Parlaci dei premi che hai vinto…
Ho vinto 5 premi nella mia carriera. L’anno scorso ho vinto quello come miglior cantante messicano regionale in Flash Awards. È stata una bella sensazione vincere quel premio, e per questo devo ringraziare anche il mio manager Gilberto Lopez, la mia pubblicista Elizabeth Therrien e il promoter Marisol Quinonez e infine il rapper Danger RP e i fan che mi supportano.
Quali sono le tue influenze?
La mia influenza nella musica è varia, sono un grande fan della superstar italiana Andrea Bocelli. Nell’hip hop Sono fortemente influenzato da 2pac Shahkur, Dmx, 50 Cent, Cartel de Santa e molti altri. Nella regione messicana sono stato influenzato da Chalino Sanchez, Vicente Fernandez, Antonio Aguilar, Jose Alfredo Jimenez e molti altri.
Come vivi la musica nella tua città?
Sono cresciuto a Inglewood, una città della California. Sono cresciuto amando l’hip hop grazie a ciò che mi circondava nelle strade. Attualmente vivo in un bellissimo ranch chiamato Belem de Maria, che si trova in un’incredibile città chiamata San Miguel El alto, Jalisco in Messico
Cosa pensi dell’Italia?
Amo tutto dell’Italia, in realtà sono un grande fan del Milan, il mio sogno è andare a una partita di calcio Milan-Inter. Sono un grande fan di Niccolò Macchiavelli, l’Italia è piena di storia, amo quel paese.
Quando e perché hai cominciato a fare hip hop?
Ho iniziato a fare musica hip hop con il mio laptop che i miei genitori mi avevano comprato, era davvero pessima musica hahah. Poi sono andato con il mio amico “Gil Got Beats” e grazie a lui so come scrivere e come capire la musica hip hop, a lui devo gran parte della mia carriera hip hop. Il mio sogno è fare un album hip hop completamente prodotto di “Gil Got Beats”.
Voglio ringraziarti per questa incredibile intervista, è stata una grande esperienza. Voglio ringraziare i miei genitori per il supporto e anche mio figlio, voglio ringraziare le persone che mi supportano, li amo. Spero di visitare presto l’Italia. Grazie.
Mood Swings parla di trovare conforto nei momenti spiacevoli, nutrendo quelle sensazioni che vorresti durassero per sempre. L’EP, composto di 6 canzoni, è creatura di Amanda. Ballate intrise d’amore guidate da voci mai sforzate caratterizzano il lavoro, con suoni che ricordano la fine degli anni ’80 e ’90. Una miscela Alt-Pop con una produzione di RnB che, infine, approda al mainstream pop.
Amanda non è una sconosciuta. Per rendersene conto ci sono i numeri su Spotify ma pure la sua storia. Nata in un piccolo villaggio nel nord dell’Inghilterra con una popolazione di non più di 50 residenti, Amanda ha trascorso tutta la sua infanzia nella fattoria di famiglia. Ora si trova a Los Angeles, ha firmato una società di produzione vincitrice del Grammy Award e ha collaborato con artisti e produttori dietro artisti come Ariana Grande, Beyonce, Justin Bieber, Alicia Keys e Chris Bro.
Un salto triplo carpiato, insomma, che trova ulteriore testimonianza tra le trame di questo ep, con atmosfere che fanno ambiente. La voce di Amanda vi si innesta con voci anche filtrate, a volte, ma in cui traspare sempre un grande controllo. E non si parla solamente di aspetto tecnico, ma proprio emozionale. Quindi un valore aggiunto, che a questo lavoro dà un senso. Seppure derivativo, valido.
Appena comincia Million Miles mi sembra di entrare in un locale in cui c’è gente che balla e birre che battono sul bancone. Un accompagnamento alla vita che scorre deciso, con una voce piena e comunicativa, sottolineata di tanto in tanto da una tromba che poi si lancia anche in un buon assolo. È tutto molto confidenziale, non solo il cantato, che in realtà ha punte bluesy, ma proprio l’intelaiatura del contesto musicale.
D’altronde da Forrest Hill ce lo si poteva anche aspettare. Dopo aver lasciato la strada, Forrest si stabilì a Boston dove fondò la band funk rock JTH. Con loro pubblica due album negli anni ’80, incluso il singolo My Car, che divenne uno dei favoriti locali commerciali nel New England e uno dei 40 migliori successi alla radio del college. Si sono esibiti anche con Violent Femmes, Run DMC e Paul Young, registrando anche con il famoso produttore Teddy Riley.
Dopo lo scioglimento Hill ha percorso, con successo, la strada di insegnante di mindfullness e 4 anni fa è tornato in pista come cantante e autore. Con una buona qualità da offrire, sia quando affronta brani più ritmati che nelle ballad. A tal proposito è particolarmente riuscita Secret Ground, con il ride che scandisce l’andamento mid-tempo mentre la voce di Hill si staglia su mellotron, acustiche, piano e una batteria sempre convincente.
Un bel motorino questo batterista, scelta assai sensata, che corona un terzo lavoro (a distanza di due anni dal precedente) maturo e compito. River of Stars è in grado di far cantare e rassicurare (ascoltate A Part of Me), di accompagnare con un suono abbastanza caldo e “americano”, ideale per l’orecchio occidentocentrico di noi italiani. Si tratta di un disco composto da canzoni singole, con un vestito sempre nuovo ed una sicurezza: la bella voce di Forrest Hill.
Un debutto che non sembra tale. Questa è la prima cosa che mi è venuta in mente dopo pochi secondi dall’inizio di She Told Me, il primo brano contenuto nell’album Long Long Time. Tutto nel lavoro di Paul Haas è al posto giusto: il modo di suonare, la produzione, la voce. Country, folk e bluegrass sono i generi che si respirano mentre le tracce – 10 in tutto – scorrono. E lo fanno lisce, come l’olio. Lo sentirete il 26 giugno, data in cui il disco sarà reso pubblico.
Immergersi in Long Long Time equivale davvero a mettere i piedi sui polverosi territori dell’America che, da noi, viene vista come la più “vera”. Quella degli uomini schietti, delle donne generose, magari ancora legati alla terra, con qualche cavallo qua e là. E con il cappello da cowboy. Che, tra l’altro Paul Haas, indossa. E Haas ha anche un’etichetta, la Teahouse Records, disposta a mettere in commercio la sua opera.
Il trailer del film su Paul Haas
Un lavoro derivativo, dite? Ok, ma tremendamente convincente. E coinvolgente. Sì perché le canzoni contenute nel disco sono perfette per far muovere le gente, per farla ridere e festeggiare. Mentre la band scambia energia. E questa passa anche attraverso i solchi di questo lavoro, prodotto da Chris Murphy, che ha lavorato con nomi di primo piano del panorama musicale, e si sente! Sue sono anche le incisioni di violino, dobro e di altri strumenti che rendono il risultato perfettamente convincente.
Haas è un vero figlio della California, che vive ancora nella sua città natale di Covina. Paul ha scritto canzoni nella sua camera da letto per 35 anni, sognando di diventare un artista, mentre in realtà era un genitore single e lavorava nel settore dei camion. Incredibile pensare che la sua prima registrazione sia avvenuta solo nel 2019, poco prima degli attuali 65 anni. Nelle sue parole e note ci sono Bob Wills e Buddy Holly, così come JJ Cale. Molti cantautori rivendicano queste influenze, ma Paul le ha dentro. Una totale incapacità, la sua, di non essere nient’altro che se stesso.
I Punkreas sono storia della musica indipendente italiana. Quella vera, partita dal basso e arrivata in alto. Ma sempre con le proprie forze. In occasione del 20ennale di Pelle ho quindi voluto intervistare Paletta, che già mi era capitato di sentire quando collaboravo con Rumore. E ne è nata una conversazione molto sentita, anche perché si tratta del mio disco preferito della band lombarda. Un gruppo che ho visto live 4/5 volte, e che ogni volta è riuscito a lasciarmi dentro grande energia. Per non parlare del divertimento…
Intervista di Francesco Bommartini
Come va Paletta?
Praticamente come, te chiusi dentro in camera a farci video interviste. Speriamo di poter tornare a farle dopo i concerti, anche perché le previsioni per il settore sono veramente nere: saremo gli ultimi a ripartire per motivi di assembramento. Ma c’è gente che se la sta passando ancora peggio quindi dai, andiamo avanti.
Sei cofondatore e bassista, nonché corista, dei Punkreas…
Esatto, cofondatore insieme a Cippa e Mastino. Noyse è arrivato l’anno dopo. Avevamo avuto in regalo un una cassetta dei Sex Pistols e ce n’eravamo innamorati. La nostra prima saletta era ricavata in un oratorio dove c’era un prete veramente alternativo, che aveva abbracciato subito l’idea di far suonare dei ragazzini.
Il motivo principale dell’intervista sono i vent’anni di Pelle, il vostro album che è uscito nel 2000. Cosa ricordi della tua vita in quel periodo, della lavorazione del disco e del suo successo?
E’ stato una grande svolta. Siamo andati a registrarlo a Torino e per la prima volta siamo rimasti un mese lontani da casa. Eravamo con questo grandissimo produttore che purtroppo è morto qualche anno fa in un incidente stradale.
Avevo proprio letto la notizia qualche anno fa. Tra l’altro è un produttore che ha fatto benissimo, con artisti da Max Pezzali a Caparezza…
Si chiamava Carlo Ubaldo Rossi ed era bravissimo. Per noi è stato un modo di registrare e di mixare completamente diverso da quello da quello che facevamo prima. Avevamo sempre registrato in presa diretta, quindi tutti insieme senza andare ad agire sulle sonorità. Pelle è IL lavoro dei Punkreas, un po’ per completezza, un po’ per sonorità. Ha un suono veramente diverso dagli altri.
Una canzone che amo tantissimo è Terrorista Nato nella quale proprio questa potenza del suono, del riffing, esce in maniera preponderante…
Si sente la potenza di fuoco. Secondo me è il disco più bello che abbiamo fatto. Certo, c’è il caposaldo Paranoia e Potere, però come potenza e come sviluppo delle canzoni Pelle per me è ancora imbattuto. I TransEuropa studio erano in centro a Torino, in uno scantinato in centro a Torino. Noi eravamo di stanza all’hotel Giotto. Facevamo seratone divertenti e la mattina si registrava, dalle 9,30-10. Torino è una città meravigliosa, una città dove ogni sera succedeva qualcosa e noi non ci perdevamo niente. E’ stata la prima volta che ho suonato con gli altri in cuffia, in multitraccia.
Da lì avete sempre usato quella metodologia di registrazione?
Sì, tranne il penultimo disco che abbiamo fatto sempre vicino al Piemonte, vicino a Cuneo, dove abbiamo suonato tutti assieme, mentre assoli e altre cose sono state inserite dopo. Quando suoni in presa diretta è fondamentale che innanzitutto non sbagli la batteria, gli altri errori si possono correggere. Quello è il contro, il pro è che il tiro della canzone è salvaguardato.
La bravura di Rossi è stata anche quella di riuscire a mantenere questa grandissima energia nel disco, facendo sì che il risultato non sia artefatto. So che c’è un vinile in uscita…
Sì, c’è questa novità che ci è arrivata un po’ a sorpresa. Pelle lo avevamo fatto con UDP, che era un’etichetta del bresciano. Il vinile è stato pensato dal boss di UDP per il Record Store Day E’ un’edizione limitata e numerata, in vinile rosso, 180 grammi. Ce ne siamo fatti dare tre copie. Con lui avevamo fatto anche Falso e il video di Sosta, quando ancora si vendeva. Poi purtroppo anche lui è finito nel grande calderone della tecnologia e come tanti ha dovuto chiudere. Ogni tanto va a fare i mercatini. Ha creduto molto in noi. La sua bravura è stata quella di mettere sotto licenza il primo disco dei Prodigy (The Fat of the Land), che ha avuto un grande successo vendendo qualcosa come 400 mila copie. Erano tempi in cui ci si poteva permettere di stare un mese in albergo a Torino con pranzi pagati, cose che adesso non potremmo più sostenere, così come nessuna etichetta indie.
Sosta dei Punkreas
Ti ricordi come girava il mondo in quel periodo?
Era antecedente alle Torri Gemelle…avevamo vent’anni. Si utilizzava poco il cellulare, c’erano i primi Nokia e non esisteva la dipendenza che c’è adesso. Ricordo i primi dvd, era già l’epoca del cd, se ne vendevano tanti. Le auto avevano il lettore cd, adesso mio figlio non sa neanche cosa è un lettore cd.
Mi stai chiamando da Milano?
Sì, ci abito da 25 anni. I Punkreas sono originari di San Lorenzo di Parabiago, una frazione vicina a Legnano. Sono l’unico che abita a Milano e quindi faccio avanti e indietro. Abito tra piazzale Lotto e piazza Napoli, sulla circonvallazione.
Io ti chiamo da Villafranca di Verona, che ultimamente è diventata abbastanza celebre per il Rock the Castle…
Mi pare che ci sia stato Cippa. Sì! E’ stato a vedere i Rammstein. Aveva un pezzo di fumo e c’era polizia da tutte le parti che faceva perquise. Mi ha detto che è stato un concerto della Madonna. Abbiamo dei buonissimi ricordi nei primi anni ’90 nella zona veronese. C’era un locale che si chiamava Downtown, era a Bovolone. Ci sono passati un sacco di gruppi che facevano il nostro genere nel ‘93 o ’94.
Ci sono tre brani di Pelle che si ricollegano in modo abbastanza inquietante con quella che è l’attuale condizione. Vorrei un commento su tutti e tre partendo da Voglio Armarmi, relativamente al boom degli acquisti di armi negli USA. Cosa ne pensi e sei mai stato negli Stati Uniti?
Mai stato negli Stati Uniti e avrei molta paura ad andare in giro là, anche se da quello che vedo nei documentari ci sono dei posti meravigliosi. Ma l’attitudine e il pensiero della gente sono eccessivi, per me. Purtroppo devo dirti che Voglio Armarmi è una canzone che rimane tristemente attuale: se vai a vedere i numeri delle vittime e dei morti da armi da fuoco è impressionante. Purtroppo c’è questa lobby delle armi che riesce persino a far eleggere i presidenti. Questa corsa alle armerie appena si è diffuso il virus sarà avvenuta perché la gente già pensava che se fossero finite le derrate alimentari ci sarebbero stati scontri. Voglio Armarmi è anche una delle mie canzoni preferite dei Punkreas, e uno dei nostri più grandi successi. Parte con questa mitragliata ed è stato abbinato con un video che è stato animato da Davide Toffolo (autore di una graphic novel su Pasolini) dei Tre Allegri Ragazzi Morti. Diciamo che è una canzone veramente pesante, lascia l’amaro in bocca, pur avendo l’ironia caratteristica delle nostre canzoni.
Voglio Armarmi
Insieme a Sosta è stato il singolo di Pelle che ha avuto più impatto…
Assolutamente sì. Sono brani che continuiamo a fare live, così come Sotto Esame e Zingari.
Un altro singolo era stato Terzo Mondo…
Esatto, altra canzone che mi è sempre piaciuta e di cui ho scritto il testo. E’ di difficile fattura dal vivo, ma ha dei suoni splendidi. C’era questa tromba molto valida e la gente ha apprezzato. Insieme a Zingari e Sotto Esame è la canzone più smaccatamente ska di Pelle…
E proprio Sotto Esame è un altro brano che secondo me si ricollega a questo periodo. E’ una canzone che parla di controllo, se ho interpretato bene. Ora sta per essere licenziata dal governo un’app per monitorare i contagi e si è alzata la voce di chi diche la privacy sia messa in pericolo…
Diciamo innanzitutto che il nostro paese non ha investito molto sulle tecnologie e sulla cultura. I migliori medici, i migliori scienziati se ne sono andati all’estero. Pochi giorni fa il sito dell’Inps è andato in down dopo 5 minuti. Secondo me la scusa della privacy è un po’ stupida. Penso che anche te come me stamattina sia arrivata la telefonata della compagnia telefonica, della compagnia del gas, insomma di qualcuno che ti chiedi come faccia ad avere il tuo numero di telefono. Probabilmente lo ha ceduto qualche altra compagnia. Sanno perfettamente chi siamo, sanno i nostri gusti, ci bombardano di prodotti. Secondo me questa app servirà a poco, avrei preferito se si fosse investito veramente forte per far per aprire dei centri analisi e per raddoppiare i tamponi. Oggi tutti hanno il tuo numero di telefono. Ci sono dei numeri che mi sono segnalato e non rispondo più. Se mi capita dico “guardi, non mi interessa, buona giornata”. Però pensare a sti cacchio di poveri cristi che si prendono una paga da fame dalle multinazionali di merda per romperci le scatole…Multinazionali che non hanno neanche le palle di pagare degli italiani ma fanno chiamare dall’altra del mondo per pagare un po’ meno, cioè…va’ a cagare!
L’ultima canzone che in cui ho trovato particolare riscontro sull’oggi è Fegato e cuore in cui parlate criticamente dei trapianti di organi. Se ho ben interpretato siete rimasti così critici vedendo anche quello che sta accadendo?
Bisogna contestualizzare le canzoni nel periodo in cui sono state scritte. Noi non siamo mai stati contro i trapianti di organi. Anzi, penso che sia una cosa fondamentale, di vitale importanza. Ma in quel periodo era venuto alla luce che chi aveva i soldi poteva prendersi un rene del poveraccio che se lo vendeva. E poteva saltare le prenotazioni, mentre il povero di turno magari faceva in tempo a crepare. Quindi quello era il livello di protesta. Ma ripeto: massimo rispetto all’Aido e alle realtà che si occupano di queste situazioni. Secondo me donare gli organi è un atto d’amore gigantesco, anzi senza i donatori di organi tanta gente non ce l’avrebbe fatta. Quello che non ci piace sono le speculazioni su queste cose.
Ho riascoltato il brano l’altro giorno e ho apprezzato ancora una volta la diversità dei vostri pezzi.
Guarda, una nostra caratteristica è spaziare dal reggae allo ska, dall’hardcore al punk melodico rimanendo riconoscibili. Secondo me questo è uno dei segreti della nostra longevità. Siamo in giro da 30 anni e non abbiamo mai proposto un disco che suonasse solo in una certa maniera. Mi ricordo bene che per quella canzone c’è stato questo uso della dopa, il suono iniziale prima che parta il riff. Noi non lo conoscevamo ma è roba che fa tremare veramente i muri. Pelle è un disco completo e infatti ci manca moltissimo Carlo. Lui aveva questo modo unico di lavorare…lo vedevi con la cuffia e lo sguardo immerso nel vuoto e non si capiva cosa stesse facendo. Poi si girava e diceva “sentite qui”, ed erano belle sorprese!
Avete lavorato anche dopo con lui?
Sì, abbiamo fatto tre dischi insieme. E’ morto in modo grottesco. Si era fermato in pausa pranzo, credo stesse registrando Caparezza. All’epoca lo studio non era più in centro a Torino ma in un posto meraviglioso in mezzo ai boschi, con depandance per gli artisti. Era andato a mangiare in un ristorantino in moto. Mentre tornava allo studio si è accorto di aver dimenticato il cellulare al ristorante e, facendo inversione di marcia, è stato investito da una macchina che l’ha ucciso sul colpo. E’ stata una bruttissima notizia.
Un live del 1999
Adesso ti faccio una domanda un po’ complicata: qual è il tuo pezzo preferito di Pelle?
Devo dire Voglio Armarmi. L’ho scritta durante una vacanza in Grecia con Noyse, in spiaggia. Forse è stata l’unica vacanza che abbiamo fatto insieme. Nel brano è venuto fuori il mio antiamericanismo. Non posso sopportare che una nazione che si dice la più democratica al mondo abbia ancora la pena di morte e sia fondata sull’uso delle armi, consigliando ai suoi cittadini di avere un’arma in casa per mantenere la sicurezza. In Voglio Armarmi c’è questa partenza con la batteria che mi sembra una sventagliata di mitra. Il pezzo mi è nato sentendo che in Usa neanche a scuola possono essere sicuri di vivere con gli amici. Columbine è indicativa, ma le sparatorie sono all’ordine del giorno. Vedere gli asili con i metal detector mi dà solo rabbia. Fortunatamente qua in Italia la proposta di decreto sicurezza che voleva facilitare l’introduzione di armi è caduta nel vuoto. Sarebbe stata una strage. La maggior parte delle persone che in Italia sono morte per colpi di arma lo hanno fatto per mano di ex Carabinieri, guardie giurate e comunque di persone che potevano detenere un’arma.
Voi avete dedicato una canzone del penultimo disco a questo tema…
Abbiamo fatto una canzone a favore dell’associazione contro gli abusi in divisa, che si è occupata per prima del caso Cucchi. E’ praticamente una Onlus che ha messo a disposizione avvocati che entrano in gioco nel momento in cui un “uomo della legge” vuole portarti dietro le sbarre, come è capitato a Parma quando ammazzarono quel ragazzo. Immaginati: tu ti trovi dentro una caserma avendo paura di non uscire più da lì. Non voglio fare di tutta l’erba un fascio, perché ci sono tantissimi appartenenti alle forze dell’ordine che sono persone che rischiano la vita, per bene e oneste. Purtroppo però la storia ha dimostrato che quando trovi delle mele marce non hai scampo. 80078605 è il titolo del brano e il numero verde che puoi chiamare se ti dovessi trovare in una situazione del genere. Purtroppo è un servizio tristemente fondamentale
Mi hai acceso un po’ la curiosità parlando di Voglio Armarmi: la fase compositiva di Pelle come è stata?
Ha funzionato fondamentalmente come per tutti gli album. Noi componiamo diversamente rispetto a tanti cantautori che magari prima scrivono il testo e poi vanno a cercare la musica. Facciamo tante prove. E anche allora chi aveva un giro lo buttava giù in maniera scarna. Poi io mi portavo il lavoro…al lavoro, nel senso che facevo il calzolaio e avevo la possibilità di farlo, grazie anche a datori di lavoro fricchettoni che mi davano parecchia libertà. Era un lavoro poco concettuale e molto manuale, e quindi avevo la possibilità di lavorare e studiare le mie cassettine che portavo dalla sala prove. Non ricordo troppi pezzi che sono stati portati già pronti. Veniva portato un riff, si sviluppava, si cercava di fare l’apertura per il ritornello e poi dopo ci si costruivano sopra i testi. Capivamo già nel frangente compositivo che quello sarebbe stato un disco diverso. Ci piaceva praticamente tutto quello che stava uscendo. Da Carlo siamo andati con le canzoni molto scarne, tutti quei piccoli particolari come il suono della batteria su un certo pezzo, il colpo di rullante, magari il riverbero in quel punto e la componente potente sono merito di Carlo. E’ stato anche per quello che abbiamo venduto di più, arrivando quasi a 90.000 copie di cd. Adesso con quella cifra ti danno il disco d’oro. Noi siamo rimasti coerenti, comunque. Una canzone come Pirati, nella quale si inneggia alla pirateria, è nata perché ci sembrava sbagliato che un prodotto che prima era stato sempre a portata di mano costasse 25 euro. Ti perdevi un sacco di gruppi che magari avresti voluto ascoltare perché non avevi i soldi e quindi la libertà di apprendere. Oggi non c’è questo problema, mannaggia per noi artisti, però devo dire la verità…ci sono pro e contro nello streaming, ma puoi ascoltarti di tutto mentre il contro è che pubblicano proprio di tutto, anche a discapito della qualità. Fai fatica a cercare la cosa bella perché è immersa in un mucchio di merda. Non c’è più la selezione all’ingresso.
E ora la domanda tanto attesa: che cambiamento hai visto negli ultimi vent’anni della scena punk e musicale italiana? In fondo fino a poco tempo fa eravate accasati con Garrincha, etichetta indie per eccellenza…
Sì, ci abbiamo fatto il penultimo disco. L’ultimo invece ha la distribuzione di Universal ma è prodotto direttamente dalla nostra etichetta Canapa dischi. Devo dirti che eravamo un attimino una mosca bianca in Garrincha, ma non gli unici. C’erano anche i Bluebeaters. Abbiamo conosciuto i ragazzi del Lo Stato sociale e abbiamo capito che, malgrado il modo di fare le canzoni e la tipologia fosse differente, andavamo d’accordo. Ci siamo trovati per fare dei concerti di beneficenza per il Chiapas, per i detenuti. Insomma diciamo che gli intenti e le idee con Garrincha erano molto simili. La scena invece è bellissima, è molto viva, però purtroppo la grande differenza è che si fa fatica ad uscire, a suonare. Noi abbiamo avuto la possibilità grazie ai centri sociali di andare in giro per l’Italia, di far sentire il disco in tutte le regioni. Purtroppo dopo tante chiusure, tanti sgomberi non è più possibile. Peccato perché il pubblico era veramente a 360°. Io uscivo, andavo a vedere un concerto e non sapevo chi c’era quella sera. Potevano suonare veramente tutti. Dopodiché, con la scomparsa di tanti centri sociali, sono rimasti sempre meno locali che danno la possibilità a questi nuovi gruppi emergenti di uscire. Noi siamo molto in imbarazzo quando facciamo suonare dei gruppi che ci sono piaciuti di spalla in questi locali dove ormai la mentalità è quella che il concerto deve finire prima di mezzanotte, perché poi si fa il biglietto per la discoteca. Va sempre a finire che il gruppo prima di noi suona alle 8,30-9 con davanti noi cinque. La maggior parte dei locali non prende più neanche il gruppo spalla. Se poi fanno più soldi con la cover band e coni i dj è dura…non dare la possibilità ai gruppi di esibirsi dal vivo e di farsi conoscere è stata un la rovina di tutto.
Devo dire che vi fa onore il fatto di scegliere delle band che vi piacciono in apertura. Poi personalmente io arrivo sempre fin dalla prima band…
Sì, perché ti piace! Poi per carità, magari c’è tanta gente che comunque finisce tardi di lavorare, sa che i Punkreas iniziano alle 22:30 e arriva alle 21:50, quando il gruppo prima ha già finito. Perché con gli spostamenti degli strumenti e tutto quanto, e con la necessità di finire a mezzanotte…
Mi ha stupito molto il fatto che ad Amsterdam piuttosto che a Berlino i concerti inizino tendenzialmente alle 20,30 – 21 e finiscano verso 22,30, con ancora un sacco di serata davanti.
E’ una loro cultura. Quando abbiamo fatto il trittico in tour Amsterdam-Bruxelles-Londra…in quest’ultima città il concerto è iniziato alle 20,15 con il locale strapieno! Alle 22,30 il locale ha chiuso e la gente poteva andarsi a godere la serata a Londra. Idem ad Amsterdam e Bruxelles. Poi siamo andati in Puglia e siamo saliti sul palco all’una di notte. Abbiamo finito alle 3! E lì alle 20,30 non c’era ancora apparecchiato. Una cultura completamente diversa. Invece dobbiamo ammettere che a Milano la maggior parte dei locali inizia molto presto.
Polenta e Kebab
Ci sono dei vostri album che a tuo parere meritavano più riscontro non l’hanno avuto?
No, direi di no. Alla fine tutti hanno avuto quello che si meritavano. Poi il giudizio della gente è sacro e quindi non ti devo negare che c’erano canzoni pur belle su disco non rendevano dal vivo. Non mi vergogno a dire che la nostra scaletta non può non contenere Voglio Armarmi, La Canzone del Bosco, Aca Toro, Il Vicino, Canapa. Secondo me è giusto che ci siano. Tanti artisti portano in palmo di mano il disco nuovo e “che il pubblico se ne vada a fare in culo”. Così è facile che il pubblico esca deluso. Lo trovo ingiusto, perché ci sta che tu debba far capire che sei l’artista, ma la gente ti vuole bene per quella canzone che gli ha lasciato un segno, che aleggia su episodi della loro vita. Poi ovvio, non puoi fare 2 ore e mezza di concerto, soprattutto noi che abbiamo 50 anni. Perché i nostri concerti sono quelli che alla terza canzone butti via la maglietta completamente sudata. Noi suoniamo circa un’ora e quaranta. Quindi succede che dell’ultimo disco ne proponi due, poi il pubblico decide quale funziona.
DENTRO O FUORI
Birra o vino?
Birra. Ci è sempre piaciuta, peraltro abbiamo fatto la nostra, che adoro. L’abbiamo creata assieme alla Bottega di Piacenza, dove abbiamo scelto i luppoli, il malto…insomma la cultura della birra c’è sempre piaciuta.
Derozer o Pornoriviste?
Sebza nulla togliere alle PornoRiviste dico Derozer perché sono veramente fratelli. Il primo concerto lo abbiamo fatto con loro al CPA di Firenze, è stato nel 1991.
Berlino o Londra?
Berlino mi è piaciuta moltissimo, è la città dei miei sogni. La multietnicità, è vivibile, riesci a vivere anche con pochi soldi in tasca. Londra è meravigliosa però ci vogliono tanti soldi, perché soltanto a muoverti sei fottuto. A Berlino a qualsiasi ora prendi un taxi e ti costa poco.
NoFx o Rancid?
Anche qua una battaglia difficile. I No Fx mi piacciono tantissimo però uno dei dischi appunto preferiti della mia vita è dei Rancid. Quindi Rancid.
Sushi o trattoria?
Mi piace tantissimo il sushi, con tra l’altro sotto casa una un amico giapponese che da cui ci vado da 25 anni. Ci passa Eugenio Finardi, ci passa Paolo Rossi e lui mi ha sempre trattato benissimo, e ha sempre avuto i prezzi giusti. Va meticolosamente a scegliere il pesce, mi piace un sacco però le origini mi spingono a dire trattoria