NELLA BRACCIA DI RYAN TOdd garza, che sfiora le membra con il nuovo singolo

Se avete bisogno di pensare, e respirare, These arms of mine di Ryan Todd Garza fa al caso vostro. Una chitarra acustica arpeggiata, orchestrazioni morbide ed avvolgenti, qualche tastiera e la voce suadente del nostro sono gli ingredienti utilizzati per creare questa piccola, e dolce, perla di pop cantautorale.

Un singolo che è contenuto in Ekam album composta da 8 brani in cui sono presenti, davvero, un cello e organi hammond, oltre ai classici strumenti da pop band (chitarra, basso…). Un approccio che già da questi particolare si può definire vero, approfondito. A differenza di tante altre produzioni in cui gli strumenti non sono altro che campioni.

L’immagine che vedete qui sopra, con Ryan in penombra, rappresenta solo in parte questa canzone. Che, a mio avviso, trattiene l’ascoltatore con una luce maggiore. Senza nascondere, per questo, il buio da cui si fa circondare, non si sa quanto piacevolmente, Ryan. Saranno i doppiaggi di voce, soavi, nel ritornello a infondermi tale idea, chissà…

Resta il fatto che questo singolo è ascoltabile e dignitoso, perché riesce ad unificare le strizzate d’occhio del pop ed il cantautorato puro. La base musicale è coerente con il cantato. E, insieme, sono in grado di far tenere l’attenzione all’ascoltatore. Se questo non è un buon risultato per un singolo, beh, ditemi voi qual è…

GLI ORIZZONTI DI TREY CONNOR SONO SENZA PAURA, COME DIMOSTRA IL SINGOLO FEAR

Trey Connor chiarisce i suoi Horizons fin dal primo brano, Fear: una ballata dichiaratamente pop su cui incastona una voce che farebbe invidia alla star più acclamata. Questo lo dico anche in ottica album, appunto Horizons, ma qui mi concentrerò proprio sul singolo. Un brano in cui echeggia la sicurezza di Trey, che però riesce, appunto, ad anteporre una vocalità tanto credibile quanto accattivante, e aggraziata.

Il pezzo non “tira indietro” batteria e chitarre suonate con energia. E anche per questo sostengo la sicurezza che ha il giovane cantante e chitarrista. Ci vuole equilibrio per affrontare una produzione con questo piglio. Cosa che traspare, quantomeno per lui, anche nell’official live video che inserisco qui sotto.

Come potete notare, dopo la visione, il resto della band, seppur dignitoso – soprattutto il chitarrista/corista, non sembra “sentire” il brano quando Trey Connor, che così dimostra anche visivamente quanto il suo progetto sia effettivamente tale fino in fondo. Guardare gli occhi e le movenze per credere.

Fear è un singolo intenso e gentile, una canzone che James Blunt invidierebbe sicuramente, perché riesce ad essere leggiadra nonostante qualche distorsione. Pop anche queste ultime, si intende, ma anche decise. E non posso dire che sia così per ogni brano che consideriamo popolare, ahinoi. Bravo Trey, vivi complimenti.

Il meglio dei RADIO DRIVE nell’ep 2020 VISION. Una sorpresa inaspettata e gradita

Radio Drive è una band pop rock alternativa che ha in Kevin Gullickson il suo fulcro. Kevin ha vinto premi e nomination internazionali per le sue canzoni e video musicali. La grande capacità del leader dei Radio Drive è quella di far convivere il pop più efficace con musica assolutamente credibile e un po’ più ricercata.

Questo discorso vale in particolare per chi considera il pop così smaccatamente mainstream da risultare artefatto, concentrandosi su sonorità più “vere”. L’inizio con Borders è molto american rock hi fi. Ma con l’ingresso di un basso dinamico si capisce presto che la qualità sarà l’unica cosa da seguire.

Il fatto che tutti i sei brani contenuti in 2020 Vision siano belli è dovuto fondamentalmente ad una selezione. Creata da Kevin stesso, e legata ai suoi singoli di maggior successo. Tutti remixati o rimasterizzati. Non conosco le versioni originali ma il risultato è ottimo, anche a livello produttivo, oltre che per le strutture e le melodie.

Da quelle più discrete di Footsteps a quelle movimentate di Movin On. Il lavoro scorre che è un piacere, liscio come l’olio. Ideale da ascoltare in auto anche in questa calda estate, stupendosi per l’ennesima volta di quanta buona musica ci sia là fuori, e di quanta non ne scopriremo mai, per un motivo o per l’altro.

ZONE OUT di JESSIE-MAY KITCHEN è ideale per un viaggio leggero lungo i tortuosi sentieri della vita

di Francesco Bommartini

L’inizio è una carezza, leggera e che tende all’etereo. Ma qualche secondo dopo, seppur con la stessa dolcezza di fondo, la situazione musicale si movimenta un po’ di più. Un pop, quello di Jessie-May Kitchen, che sembra ideale per una domenica mattina. Quella in cui ti svegli presto, magari fai un po’ di ginnastica, sgombri la testa dai pensieri degli ultimi mesi, e respiri. Che poi il cognome di questa ragazza originaria di Hobart, capitale della Tasmania nella sconfinata Australia, sia “cucina” tradotto in italiano si sposa ancora meglio con un caffè rigenerante. La sua musica lo è, come conferma il secondo brano Calm in the Eye of the Storm, poggiato su un sorridente e leggero pop. Un bel titolo, per un bel messaggio. Forse suggerito proprio dalla terra in cui vive.

La cover dell’Ep

La chitarra acustica porta avanti il discorso artistico della giovane in Shooting Daisies. La Kitchen da un paio d’anni licenzia singoli per fare conoscere il progetto che ora porta avanti con questo ep d’esordio. Questo terzo è un brano non all’altezza dei precedenti, ma in cui comunque esce una certa personalità. Non è da tutti, soprattutto in un esordio. Insomma, pare proprio che all’estero ci diano le piste sotto tutti i punti di vista, onestamente. Niente di trascendentale, eh, ma anche Nightmares, che inserisce qualche chitarra elettrica molto leggera, arriva ad un dunque, prima che Head in the Clouds riporti tutto sulla spiaggia, con un’acustica leggera ma presente, e qualche tastiera a completare l’arrangiamento, adornato anche da un effetto di chitarra acquoso.

E di acqua fresca si parla un po’ per tutto il lavoro. Limpido, credo onesto, magari stereotipato (come lo è il mare d’estate) ma sicuramente trasparente. Così come lo sono gli arrangiamenti, leggiadri. Chissà come mai questo ep è nato in Australia? C’è un senso di giustizia, in tutto questo. Ed una serie di spiragli aperti. Perché si sente che comunque questa Kitchen ha ancora bivi davanti a sé, in cui perdersi, tra cui scegliere. E, detto da un 37enne, è un gran bel vantaggio. Che fa rima con viaggio, e che meraviglia sono i viaggi, specie se con la musica giusta…

Avanti così!

SCANZONATO: con ALESSIA GENNARI la musica fa saltare…sottorete!

Alessia Gennari è una pallavolista classe 1991. Dal 2005 gioca a livello agonistico e, oltre ad aver vinto Campionato – Coppa Italia – Coppa Cev, dal 2011 milita nella Nazionale maggiore, con la quale nel 2013 si è aggiudicata i Giochi del Mediterraneo. L’intervista è effettuata in collaborazione con Eventsmaybe e la trasmissione “Quattro chiacchiere con…” di Marco Biasetti.

Intervista di Francesco Bommartini

Se pensi alla pallavolo quali sono le canzoni che ti vengono in mente e perché?

Se penso alla pallavolo le canzoni che mi vengono in mente sono: Cheerleader di Omi, Jump dei Van Halen e Can’t hold us di Macklemore.

Una delle canzoni pallavolistiche di Alessia Gennari

Dì la verità: chi preferisci tra “Mila e Shiro” e “Mimì”?

Qui non ho dubbi: Mila e Shiro! Mimì è più vecchio di me quindi sono cresciuta con il primo: tutti i pomeriggi dopo scuola lo guardavo alla tele e poi andavo a giocare a palla contro il muro in cortile!

Quali sono le canzoni che più ti aiutano a caricarti prima di una partita? E quali quelle che ti tranquillizzano dopo un allenamento

Prima delle partite c’è bisogno di qualcosa di carico, un mix tra musica rock e musica latina! Dopo allenamento dipende dalle volte: per rilassarmi un po’ di musica jazz oppure, se sono ancora carica, proseguo su qualcosa da cantare a squarciagola! 

Alessia Gennari in ricezione

Hai la possibilità di usare la macchina del tempo: cosa cambieresti se tornassi indietro?

Probabilmente non mi rifarei la frangia (avevo circa 16-17 anni!). 

Quali sono i 3 album musicali che ti porti nel cuore?

I miei tre album dell’adolescenza sono senz’altro Freak of nature di Anastacia, Fallen degli Evanescence e Let go di Avril Lavigne. Nel tempo i miei gusti sono un po’ cambiati, quindi ora direi Into the wild (Music from) di Eddie Vedder, The Lion King: the Gift di Beyoncé e When We All Fall Asleep, Where Do We Go? di Billie Eilish