I migliori dischi dei Valkiria

di Matteo Roncari

Torniamo per un attimo a parlare delle band nostrane con i VALKIRIA, band capitanata dal mastermind Valkus, il quale affonda le proprie radici proprio nel gothic doom a me caro.

Ma non solo, Valkus ha dimostrato la propria versatilità e la propria profonda ispirazione sciorinando capolavori anche con altri progetti, talvolta attingendo a sonorità care alla scena post rock/showgaze (INADRAN e 41 CHAINS), talvolta al black primordiale ancestrale ed al folk con forti richiami alle tradizioni popolari lucane (ODE).

Scoperti per la prima volta grazie a “Here The Day comes” uscito per Bakerteam records, da subito le vibrazioni dell’album mi hanno riportato alle stesse sensazioni avute ascoltando gruppi come Novembre, Paradise Lost e primi Katatonia.

Grazie alla vicinanza ho potuto anche conoscere di persona Valkus che mi ha mostrato una sensibilità non solo artistica ma anche umana.

1 – HERE THE DAY COMES

Per me è il capolavoro della band, sia come concept sia musicalmente parlando: le atmosfere disegnate dalla chitarra vengono impreziosite dal lavoro di Giuseppe Orlando dei Novembre alla batteria.

Un disco che descrive come trascorre un giorno di malinconia, dall’alba alla sera, con melodie e liriche riflessive ed angoscianti e con un lavoro vocale che passa da parti accennate a parti più aggressive grazie al growl dello stesso Valkus.

Ottima la prova anche di Mike alla chitarra ritmica.

Splendido il pezzo d’apertura “Dawn” così come “Afternoon”, i picchi in assoluto.

Un disco riuscito in toto, prodotto in maniera impeccabile, con un sound fresco anche a distanza di anni e ben rappresentato anche da un artwork intrigante.

2 – EPIKA

Valkus ha deciso dopo la pubblicazione di “Here the day comes” di riregistrare i dischi passati dei Valkiria in modo che tutti potessero fruirne maggiormente.

Proprio per tale motivo rimasi piacevolmente colpito quando riuscii a mettere le mani sulla nuova versione di Epika, un album influenzato dalla mitologia nordica e da tematiche fantasy.

Da un punto di vista delle sonorità e del concept scelto siamo certamente distanti rispetto al sopra citato “Here the day comes”: vero i richiami al gothic doom permangono ma i suoni in questo caso, grazie anche all’utilizzo delle tastiere in pieno stile Summoning, enfatizzano richiami al black atmospheric metal.

Da ascoltare assolutamente la title track, ma anche brani come “Efadir”, “Ismather” e “Fellen Sghard”, in grado di avvolgere l’ascoltatore fino ad immergerlo in paesaggi fantastici ed immaginari.

3- INADRAN (DEHANRAST)

Vero, sto parlando dei VALKIRIA, ma in questo caso non potevo certo tralasciare questo album d’una bellezza unica: siamo lontani dalle proposte musicali sopra citate in quanto Valkus ha deciso di pubblicare sotto il monicker INADRAN un album legato al post-rock/showgaze in stile God is an astronaut.

Siamo pertanto di fronte ad atmosfere e linguaggio onirici dove la chitarra (acustica e distorta) dialoga sapientemente con note di pianoforte e con un’effettistica ragionata e mai banale.  

“Ad libitum”, “Hendalion”, “Vediovis” e la splendida “Astronascente” rendono l’album d’impatto e consegnano al genere un gioiello, un lavoro di altissimo livello e qualità.

I migliori dischi dei Void of Silence

di Matteo Roncari

Tra le band che sono state fondamentali per lo sviluppo della mia personalità, crescita e sensibilità artistica ci sono sicuramente i VOID OF SILENCE.

Ho un aneddoto da raccontare a tal proposito: iniziai a interagire via mail nel lontano 2003 con Riccardo Conforti, uno dei principali compositori, che al tempo curava una rubrica di musica dark ambient per il mensile Flash Magazine.

Tra l’altro i nostri dialoghi erano inerenti esclusivamente la dark ambient/noise music e pertanto ignorai che appartenesse alla scena musicale. Appena arrivai a scoprire che Riccardo era uno dei membri dei VOID OF SILENCE, incuriosito e d’istinto, acquistai “Criteria ov 666”, che nella discografia rappresenta il loro secondo tassello.

Al primo ascolto rimasi un attimo distante ma come avviene nella maggior parte dei casi che mi riguardano, i dischi si imparano ad amare assimilandoli a poco a poco. E così ancora oggi “Criteria” è per me un disco unico nella mia “libreria musicale”.

Ma non è tutto: perché i VOID OF SILENCE sono l’unica band assieme ai NOVEMBRE a farmi considerare imprescindibili due loro lavori. Nel 2018 infatti è uscito “The sky over”, il loro ultimo full lenght, che è riuscito a sedurmi ancora di più rispetto ai predecessori anche grazie alla partecipazione vocale di Luca Soi, molto ispirato sia a livello vocale che nella stesura dei testi.

A livello musicale ho sempre adorato la tipologia e le modalità di composizione del duo Conforti/Zara, in grado di mescolare elementi legati al doom metal con elementi di musica elettronica e ambient molto ricercati e di notevole impatto.

1 – THE SKY OVER

Per me è ad oggi il capolavoro assoluto della band: per le tematiche trattate, per il gusto musicale, per il pathos che emana. Splendido il primo pezzo “The void Beyond”, così come gli intermezzi.

Notevole menzione anche per la title track e “Fartheless shores”: ma è tutto il disco a dover essere ascoltato nella sua interezza e consequenzialità. Una citazione particolare per me va alla strumentale “White light horizon” che chiude l’album in modo sublime e disteso grazie alle ritmiche di sinth e di chitarra acustica.

Bellissimo anche l’artwork curato da Francesco Gemelli.

2- CRITERIA OV 666

E’ il disco che mi ha fatto conoscere la band e che ha visto l’attività, oltre al duo Conforti/Zara, di Fabban degli Aborym. Un disco molto sentito, un incubo in musica anche grazie alla performance vocale dello stesso Fabban.

“Anthem for doomed youth”, “With no half-measure”, “Nothing immortal”, “The Ultimate supreme…” alternano riff violenti a momenti onirici e ricercati grazie all’effettistica elaborata da Conforti.  

Personalmente questo album mi ha donato la forza giusta per reagire a situazioni avverse e per questo motivo è ancora oggi per me seminale.

3- HUMAN ANTITHESIS

Anche in questo caso devo mettere al terzo posto questo album non per demerito rispetto ai precedenti, quanto per il fatto che c’è sempre una componente umana ed un trasporto emotivo o periodico che a mio modo di vedere incidono sul nostro approccio all’ascolto.

Va detto tuttavia che parliamo sempre di un capolavoro e non mancano elementi di magia assoluta: i venti minuti della title track valgono da soli l’acquisto del disco, così come “Grey Horizon” e “To a sickly child” dove la coppia Zara/Conforti si avvale del grande A.A.Nemtheanga alla voce.

Che dire poi dell’ultimo brano magnificamente interpretato dalla voce di Atratus dei Tronus Abyss, una lettura di una poesia di Baudelaire che rende i versi ancora più magniloquenti e sinistri.

I migliori dischi dei NOVEMBRE

di Matteo Roncari

Quando elenco i dischi che più hanno avuto influenza nella mia vita, qualsiasi band essa sia, amo associare le atmosfere create dalla musica ai ricordi, alle esperienze, agli stati d’animo. Parlare di una band come i NOVEMBRE per me non è affatto facile, tante sono le emozioni che ciclicamente si susseguono.

Scoperti per la prima volta nel 1999 mentre sedicenne mi trovavo in gita a Roma,  acquistai “Classica” alla oramai Ricordi vicino Piazza di Spagna. Fu amore a primo ascolto: non solo le musiche ma anche i testi mi catturarono, e se a distanza di decenni nel mio lettore cd questo disco gira ancora qualcosa vorrà pur dire.  

La parola chiave che mi lega a queste sonorità, a questi testi è una sola: empatia. Ho sempre creduto, e tuttora credo, che, con la loro musica, i Novembre siano riusciti ad esprimere ciò che io realmente sentivo dentro.

Ecco la mia top della discografia dei Novembre.

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1- CLASSICA

E’ il disco a cui sono più legato, che mi ha fatto scoprire la band e che ho sviscerato in ogni sua forma: dalla grafica alle melodie, dai riffs agli assoli fino ai testi, vere e proprie poesie. Pezzi duri e feroci come “Cold Blue steel” o “Tales from a Winter to come”  o “L’epoque noire” , così come altri più dilatati e sognanti come “Nostalgiaplatz” e “Foto blu infinito” rimangono veri e propri capisaldi e raccontano emozioni autentiche che profumano di vissuto.

Ancora oggi quando riascolto l’album riesco a guardarmi indietro e vedere quel ragazzo sedicenne che si affacciava alla vita carico di sogni e speranze.

2- ARTE NOVECENTO

Da un punto di vista musicale è l’album che precede “Classica”; nella mia classifica personale dei dischi della band sono costretto a metterlo al secondo posto solo per il fatto che l’ho scoperto più tardi. Rispetto al suo successore ho sempre trovato “Arte Novecento” meno immediato e più ragionato, nella sua interezza molto diverso, intriso di dolore ed intensità.

“Pioggia… January tunes”, “Carnival”, “Worn Carillon”, “Remorse”, ma anche la cover dei Depeche Mode “Stripped” rendono questo disco unico ed obbligatorio l’acquisto.

3- WISH I COULD DREAM IT AGAIN / DREAMS D’AZUR

Metterei sullo stesso piano sia “Wish…”, il primo vero disco della band, sia “Dreams d’Azur”, ovvero la sua riregistrazione. La sensazione che ho avuto e che mi ha sempre stupito è la sua difficoltà e ricercatezza musicale, la maturazione compositiva e la sensibilità dei giovani membri della band che emergeva in modo squisitamente singolare e che si rifletteva in pezzi come “The dream of the old boats”, “Novembre”, “Sirens in filth”.

Un disco che io considero molto “Mediterraneo” e che mi riporta ai mari dorati del sud Italia.

4- NOVEMBRINE WALTZ

Quando uscì questo album ricordo che si sprecarono i paragoni con gli svedesi Opeth anche se, personalmente parlando, io ho sempre trovato le due band sostanzialmente distanti tra loro. Trovai un album che mi colpì subito per la sperimentazione (Everasia),  l’evoluzione naturale delle sonorità di Classica e la cura delle melodie (Come Pierrot, Conservatory Resonance, Venezia Dismal), così come il richiamo alle proprie origini (Child of the twilight).

Spiace inserirlo al quarto posto ma non si poteva fare altrimenti dal momento che i primi tre restano capolavori indiscutibili.

5 – THE BLUE

Al quinto posto inserisco “The blue”:  lo reputo come il disco della consacrazione della band, sia a livello sonoro sia a livello compositivo. Ricordo che uscì un po’ in sordina, un solo anno dopo “Materia” e me ne innamorai nonostante gli echi dei dischi precedenti.

Ancora oggi le melodie di pezzi come “Iridescence”, “Cantus Christi”, “Cobalt of March”, “Nascence”, “Zenith” rimangono di valore assoluto.