Sulle strade americane con JAY STOTT: WRECKAGE OF NOW convince

Quando ascolto dischi come questo mi sembra davvero di essere in America. C’è il sole caldo, la polvere delle strade più selvagge, gli spazi enormi attorno alle highways. Grazie a Jay Stott mi sembra di esserci stato, in un posto che purtroppo non ho ancora avuto modo di “toccare con mano”.

Dal rock-country di All Night Long al mid tempo subitaneo di Desert Heat tutto è al posto giusto: le chitarre surf, le batterie con la giusta dinamica, la vocalità vissuta di chi non vive di musica ma scrive pensieri su un block notes passando da una classe all’altra di una scuola dove insegna inglese.

Ci sono anche i pianoforti, che immagino su qualche legnoso pavimento di locali resi mitici dai film western. Li si trova in particolare in Can’t Stop Love, con un refrain che entra facile in testa. Jay è un uomo che ha fatto di tutto nella vita. Probabilmente un irrequieto, che nella musica trova l’equilibrio che cerca ogni uomo.

Un Electric Guy, come titola un suo brano, che sa suonare e cantare, e rendere al cuore di chi ascolta un po’ del proprio percorso. D’altronde non è questa una delle cose che vorremmo essere tutti in grado di fare? E allora su il bicchiere e, sempre parafrasando un brano, One Drink Two Drink. Cin Jay!

ALIAS WAYNE fa centro con il terzo album FIREBRAND, nella polverosa America texana

Alias Wayne è un divertente progetto collaterale del cantautore Ranzel X Kendrick. Firebrand è il terzo album, o forse sarebbe meglio dire ep, che esce a nome Alias ​​Wayne, dopo Snafu (2019) e Faux Pas (2020). Una serie di pubblicazioni molto ravvicinate che mantengono inalterata una forza comunicativa, sotto forma di rock.

Sembra insomma che l’americano, figlio unico dei genitori della famiglia del Texas, abbia trovato una valvola di sfogo che, aggiungo, non è indifferente. Sorprende la freschezza del progetto nel proporre una musica che nasce proprio nella polvere di quei posti. Un country-rock che, specie in brani come Joan of Ottawa, dimostra di brillare.

La passione di Ranzel X Kendrick per la musica è iniziata nella scuola elementare quando il vincitore dei Grammy e la leggenda del Country Western Roger Miller ha iniziato a dare consigli sulla composizione. E anche in quest’album confluiscono chitarre soliste e vocalità calde, sezioni ritmiche semplici ma non semplicistiche.

I ritmi appena sghembi di Fixin to Die Rag sono solo un’altra variazione ad un tema riuscito. In cui entrano sì chitarre, ma anche tastiere. E la voce del nostro, ispirata. Alias Wayne ha fatto centro. Nel suo mondo, piccolo se volete, ma caratteristico.

PAUL HAAS: l’America polverosa e vera nell’esordio di LONG LONG TIME. Tra country e bluegrass a 65 anni

Un debutto che non sembra tale. Questa è la prima cosa che mi è venuta in mente dopo pochi secondi dall’inizio di She Told Me, il primo brano contenuto nell’album Long Long Time. Tutto nel lavoro di Paul Haas è al posto giusto: il modo di suonare, la produzione, la voce. Country, folk e bluegrass sono i generi che si respirano mentre le tracce – 10 in tutto – scorrono. E lo fanno lisce, come l’olio. Lo sentirete il 26 giugno, data in cui il disco sarà reso pubblico.

Immergersi in Long Long Time equivale davvero a mettere i piedi sui polverosi territori dell’America che, da noi, viene vista come la più “vera”. Quella degli uomini schietti, delle donne generose, magari ancora legati alla terra, con qualche cavallo qua e là. E con il cappello da cowboy. Che, tra l’altro Paul Haas, indossa. E Haas ha anche un’etichetta, la Teahouse Records, disposta a mettere in commercio la sua opera.

Il trailer del film su Paul Haas

Un lavoro derivativo, dite? Ok, ma tremendamente convincente. E coinvolgente. Sì perché le canzoni contenute nel disco sono perfette per far muovere le gente, per farla ridere e festeggiare. Mentre la band scambia energia. E questa passa anche attraverso i solchi di questo lavoro, prodotto da Chris Murphy, che ha lavorato con nomi di primo piano del panorama musicale, e si sente! Sue sono anche le incisioni di violino, dobro e di altri strumenti che rendono il risultato perfettamente convincente.

Haas è un vero figlio della California, che vive ancora nella sua città natale di Covina. Paul ha scritto canzoni nella sua camera da letto per 35 anni, sognando di diventare un artista, mentre in realtà era un genitore single e lavorava nel settore dei camion. Incredibile pensare che la sua prima registrazione sia avvenuta solo nel 2019, poco prima degli attuali 65 anni. Nelle sue parole e note ci sono Bob Wills e Buddy Holly, così come JJ Cale. Molti cantautori rivendicano queste influenze, ma Paul le ha dentro. Una totale incapacità, la sua, di non essere nient’altro che se stesso.

Il country rock del futuro è oggi: la recensione di TEATIME FOR THIEVES della DEVON WORLEY BAND

Teatime for Thieves, ovvero “L’ora del tè per i ladri”. E’ questo il singolare nome dell’ep della Devon Worley Band, gruppo di Minneapolis che si pone sul proprio sito come “il futuro del country”. E per certi versi, dopo aver ascoltato l’opener Black River Magic, ci si potrebbe anche convincere di questo. Infatti le atmosfere country sono poste su un tessuto più nervoso, con soli rock ma adatti ad incastonarsi alle radici acustiche che si porta dietro il genere madre. La figura cardine della band, come suggerisce il nome della stessa, è la bella Devon Worlay (come prova anche la discografia precedente). Cantante, pianista, chitarrista: non sfigura in nessuna dei tre ruoli. Ma è proprio come cantante che fa la differenza, con una timbrica decisa e “maschia”, senza però mai tradire il vero sesso d’appartenenza.

Non è da meno la seconda canzone della tracklist, Not Fool. Anche qui la vocalità di Devon esce dalle basi elettro-acustiche con grazia ed energia. Molto belle anche le intelaiature e i fill di Jason Medvec, che già nell’opener aveva mostrato un competenza non comune. La forza comune dei brani è anche dovuta ad una compattezza pratica e di tempistica: se tutti i pezzi stanno poco sopra i 3 minuti, la sghemba Broken Record si ferma addirittura prima. Adam Durand al basso mette i giusti accenti sui brani, mentre Grant Thelen non si limita a fare (bene) il batterista, ma suona anche armonica e tromba. Leave Me Slow, come promesso, ci accompagna con calma, e profondità, verso la conclusiva Witch Hunt, forse il brano più tosto del lotto.

Ottima scoperta! Franky Ballard è solo uno dei grandi artisti a cui questa band, che ha grandi capacità ben esplicitate, ha aperto.

Signori, oggi è il futuro del country!

Un video della band