I SEGRETI della voce ESTREMA: la vocal coach ANGELA CASTELLANI spiega senso e dietro le quinti di SCREAM, GROWL e molto altro…

di Angela Volpe

La video-intervista!

I primi accenni di vocalità estreme, in particolar modo scream e growl, sono emersi già negli anni 70, ma come primo esempio di vocalità estrema menzionerei Chuck Shuldiner, che fondando i Death ha dato il nome a un nuovo genere musicale, il death metal per l’appunto. Da lì in poi molti cantanti si sono avvicinati a questo stile, emulando queste vocalità, spesso senza alcun tipo di formazione, pensando che occorra semplicemente urlare o grattare la voce. Al contrario, le vocalità estreme richiedono conoscenza e utilizzo di tecniche specifiche che tu hai approfondito, ci racconti le tue esperienze in merito?

Diciamo anzitutto che io nasco come cantante rock e metal, il mio percorso vocale inizialmente si è sviluppato in quel campo stilistico, e sono sempre stata molto attratta da quelle voci che vengono definite “perturbate, sporche, sabbiose” dato che il segnale vocale non è generalmente pulito e cristallino. In particolare io ho sempre amato le voci rock calde ma graffianti ed aggressive allo stesso tempo, posso nominarti come esempi massimi del mio gusto personale voci come quelle di David Coverdale, Eric
Martin, Janis Joplin. Mi sono sempre chiesta come potessero avere quei colori e quella gamma di effetti che mi piacevano tantissimo ma che un po’ per paura un po’ perchè ero all’inizio non sapevo come riprodurre. Tieni conto che 25 anni fa, quando io ho iniziato, in Italia non si parlava di distorsione vocale, benchè ci fossero esempi anche nostrani di esperimenti nel campo come quelli svolti ad esempio da Demetrio Stratos. Ma gli insegnati di canto ben si guardavano dall’insegnarlo perchè non sapevano
come farlo e perchè questi tipi di vocalità sono sempre stati considerati pericolosi e nocivi e di serie B. Così ho iniziato un percorso di studi prima negli USA poi in Spagna e in Italia per approfondire anzitutto l’anatomia e la fisiologia della voce e per capirne il vero funzionamento, e li, mi si è aperto un mondo che tutt’ora mi piace monitorare e continuare ad esplorare attraverso corsi e studi. Nel 2009 quando già insegnavo da circa 5 anni e avevo allievi che cantavano rock e metal e che contemporaneamente facevano diventare me allieva, nel senso che studiando e correggendo i loro difetti potevo iniziare a formulare un’idea per un percorso didattico ad hoc per quel tipo di vocalità, i miei studi sono convogliati in una tesi che ho presentato all’esame finale del master in Vocologia Artistica, master di alta formazione diretto dal Dott. Franco Fussi e dalla Dott.ssa Silvia Magnani presso il distaccamento ravennate della facoltà di medicina e chirugia dell’università di Bologna. La mia tesi era uno studio che voleva portare anzitutto all’affermazione dell’esistenza delle vocalità estreme e del fatto che sempre più allievi volessero approcciarsi a questo tipo di vocalità che purtroppo sino ad allora non era mai stata considerata seriamente dalla didattica e dagli insegnanti, e far riflettere sui rischi che questo rifiuto comportava, ovvero quello di farsi male, di non cantare più di trovarsi di fronte ad una schiera di disfonici cronici ecc…ho voluto inoltre rendere noti anche gli aspetti emotivi legati alle vocalità estreme come ad esempio
il fatto che questi cantanti si sentissero abbandonati, diversi e di serie B, perchè non facevano Jazz o Soul o Lirica. Poi ho realizzato e riportato un piccolo esperimento con dei cantanti estremi “non educati” che nel mio studio hanno eseguito determinati esercizi sotto il mio controllo e seguendo determinate indicazioni, ho misurato secondo determinati parametri fisici e acustici le varie performance pre-educazione e post esercizi mostrando che lavorando sulla respirazione, sulla postura e sull’articolazione si potevano ottenere degli ottimi risultati e da li ho formulato una proposta didattica di educazione per gli stili estremi partendo dal puro Growl del death metal e dallo Scream del Black metal. Poi nel tempo, per fortuna, l’argomento ha ricevuto maggiori attenzioni tanto che lo stesso Dott. Franco Fussi in occasione di un convegno nazionale sulla voce artistica ha parlato dell’argomento e ha proposto e condotto alcuni studi specifici su quelle che oggi vengono chiamate sonorità sovraglottiche.

Nell’uso comune, si è portati a pensare che per i cantanti di generi come ad esempio black o brutal metal, non sia necessario intraprendere un percorso “scolastico”, poichè quando si pensa alle lezioni di canto si pensa solo al canto melodico, lirico o moderno. Che rischi corrono i cantanti che utilizzano questi stili vocali senza una tecnica di base?

Si purtroppo questo pensiero, è ancora abbastanza comune soprattutto in Italia, nonostante negli ultimi anni gli studi siano progrediti grazie anche al contributo di esperti di livello internazionale o di foniatri e studiosi interessati all’argomento. Poi purtroppo nell’immaginario comune e dei meno esperti vige ancora quella regola che, se qualcuno canta in un gruppo rock o metal in automatico il cantante ti può insegnare come si fa. Cosa pericolosissima dal punto di vista vocale perchè magari anche quella persona semplicemente segue un’istinto naturale ma non sa esattamente come fa a produrre un certo effetto, quindi figuriamoci se può spiegarlo ed insegnarlo a qualcun’ altro. I rischi che si corrono nel capitare nelle mani
sbagliate, o affidarsi all’imitazione non controllata o a volte anche ai tutorial di youtube, sono esattamente gli stessi, ovvero quello di creare lesioni più o meno gravi alle corde vocali e alle strutture della laringe
che vengono coinvolte e fatte vibrare quando si parla di distorsione vocale. Le lesioni comportano afonie, incapacità di controllare lo strumento vocale in generale, scarso controllo della muscolatura intrinseca della laringe e dunque insufficienze adduttorie ed infine l’insorgenza di disfonie dovute a patologie più o meno gravi come noduli, polipi, edemi che possono richiedere come soluzione anche interventi chirurgici e riabilitazione logopedica… Con la voce indipendentemente dal genere non si scherza, per questo è importante affidarsi ad un insegnante qualificato che possa assicurare e mostrare la propria competenza non solo a parole.

Secondo te, le vocalità estreme sono solo uno stile e un effetto da utilizzare successivamente all’acquisizione di una tecnica vocale tradizionale oppure può esistere un bravissimo cantante growl che però non sa intonare una melodia? Intendo dire: un cantante moderno non è per forza un lirico, in quanto si tratta di due tecniche e stili differenti; un cantante “estremo” invece, deve conoscere anche il canto melodico moderno?

In fisiologia e nella musica si parla di “eufonia” ovvero del raggiungimento del suono migliore per una determinata voce in un determinato stile e per quel particolare soggetto che emette il segnale. Quando parlo di suono migliore non intendo un suono che sia gradevole dal punto di vista estetico, ma intendo un segnale che sia realizzato nel maggiore rispetto di quelle che sono le strutture dell’apparato fonatorio e respiratorio, di un segnale la cui produzione abbia un costo a livello muscolare, sì adeguato all’energia che
richiede lo stile, ma il più possibilmente conservativo della salute dei muscoli stessi e di tutte le strutture deputate alla fonazione. Il raggiungimento dell’eufonia individuale avviene ovviamente attraverso la guida dell’insegnante ma anche attraverso un processo di educazione dell’allievo alla propriocezione. Questa educazione può solo avvenire solo se l’allievo conosce prima teoricamente e poi praticamente come funziona il proprio corpo. Dunque, posso dire che non è necessario che un cantante estremo sappia eseguire un brano di Frank Sinatra ma è necessario che conosca quali sono i meccanismi che governano la sua voce. La tecnica di base e dunque come si respira, come si gestiscono gli spazi e le strutture della laringe, come funzionano le cavità di risonanza, gli organi di articolazione sono tutte cose che accomunano il cantante “normale” a quello estremo, e sono nozioni assolutamente imprescindibili dallo
stile. Dunque, non è necessario ripeto sappia intonare un brano pop piuttosto che jazz, ma dal mio punto di vista il fatto di saperlo fare può conferire maggiore coscienza e abilità diverse anche nel cantante
estremo. Personalmente, quando inizio un percorso con un allievo preferisco fare in modo che comunque sappia fare anche questo e che possa avere la possibilità di scegliere se farlo o no. Se pensiamo a cantanti
estremi come Corey Taylor degli Slipknot o Chester Bennington dei Linkin Park il saper cantare anche in pulito è fondamentale, certo se poi uno vuole impostare la propria vocalità alla Angela Gossow o alla Dani Filth di sicuro il pulito non serve. Però immagina di dover fare un provino per una band e di saper fare solo una delle due cose, questo magari potrebbe costarti il posto, dunque io preferisco insegnare entrambe le cose e fornire più strumenti possibili.

La formazione degli allievi però, passa dalla formazione degli insegnanti. Secondo la tua esperienza e opinione, esistono percorsi formativi validi per gli insegnanti di questo tipo di tecniche?

Diciamo che sia a livello nazionale che internazionale negli ultimi dieci anni sono fiorite scuole, corsi, corsi per insegnati che insegnano agli insegnati e cose varie, che personalmente non amo particolarmente.
Io sono tutt’ora un amante estrema della scienza e di chi la pratica nel quotidiano, per cui se fossi un insegnante che si vuole formare in questo campo anzitutto farei riferimento a corsi specifici organizzati da foniatri che si occupano dell’argomento, in prima istanza per poter comprendere in maniera effettiva di cosa si tratta, e poi per avere gli strumenti che possono farmi capire se un corso tenuto eventualmente da un insegnante che si dice specializzato è veramente valido o no. Poi devo dire che esistono corsi, seminari che promettono di insegnare queste tecniche in 1/2 giorni, ma la realtà dei fatti è che questo non è vero. Anche io organizzo incontri, ma lo faccio per avvicinare l’utente all’argomento, cercando di illustrarne la
complessità. Il seminario, può mostrarti semplici esercizi, semplici trucchi per realizzare un effetto ma la realtà è che se poi non si pratica, non si ascolta questo genere musicale, non si approfondiscono la varietà
enorme di effetti che si possono avere, non si è seguiti da un insegnante qualificato la cosa rimane fine a se stessa.

Ritieni che il livello generale di formazione degli insegnanti di canto in Italia sia tale da garantire l’insegnamento corretto e senza rischi agli allievi?

Per quanto riguarda la vocalità lirica ovviamente l’unico percorso è quello del Conservatorio, che però da qualche anno si è aperto anche a discipline più moderne come il jazz. Ma come dicevo poco fa, le parole o i curriculum valgono molto poco, valgono i fatti e la realtà oggettiva. Di sicuro in Italia e all’estero esistono percorsi di formazione di livello molto alto che possono formare in maniera completa un eventuale insegnante. Diciamo che non tutti seguono questa strada perchè lunga, faticosa e anche costosa.
L’insegnamento dal mio punto di vista è una vocazione, è una missione, richiede un’etica professionale che purtroppo a volte manca nel concreto della realtà che viviamo attualmente, spesso vige più la logica della quantità che della qualità che si traduce nel “un bravo insegnante ha tanti allievi” e poco importa se la formazione dell’insegnante è magari carente o a volte sostanzialmente inesistente. Negli anni purtroppo mi è capitato di lavorare con casi estremi di allievi evidentemente disfonici ma provenienti da esperienze di anni di studio con lo stesso insegnate che attribuiva all’emotività l’incapacità di raggiungere determinate note. A volte quindi districarsi da neofita in questo ambiente purtroppo è un po’ difficile, ma i
bravi insegnati esistono, basta cercare e prestare attenzione e non affidarsi al primo che capita per pigrizia. Il corpo parla sempre in maniera molto chiara, se non si vedono progressi o peggio ancora la voce inizia ad avere problemi, se vi sentite costretti, demotivati, appesantiti o non trovate risposte chiare alle vostre domande significa che la vostra scelta non è stata corretta.

Chi si avvicina al mondo del canto per la prima volta, come può trovare un buon insegnante? Quali sono i campanelli d’allarme che ci fanno capire che stiamo imparando male o viceversa?

Guarda sul mio canale “l’anatomia per il cantante” ho realizzato proprio un breve video con quelle che io ritengo essere le regole fondamentali che possono farti capire se chi hai davanti è un bravo insegnate. Ovviamente le mie sono osservazioni personali che però credo possano fornire a chi si avvicina in prima battuta al canto alcune linee guida:
Un bravo cantante non è detto sia un bravo didatta, ma un buon insegnante di canto deve essere un bravo cantante. L’insegnamento richiede capacità di osservazione, di ascolto, esperienza, conoscenza
approfondita dei meccanismi che governano la voce. Il possedere una buona tecnica e l’avere un talento non è garanzia che chi li possiede sia anche in grado di trasferirlo ad un’altra persona. E’ per questo che un
bravo cantante può non essere un bravo didatta, ma un buon insegnante di canto deve per forza essere un bravo cantante. Si, perchè conoscere la teoria e riempirsi di nozioni senza averne esperienza diretta è
altrettanto limitante e infruttuoso. Un bravo isegnante deve avere esperienza diretta sul campo, essere INTONATO e ANDARE A TEMPO.

Avere un’ottima e approfondita conoscenza dell’anatomia e della fisiologia e di tutti i meccanismi che governano la voce. Il buon insegnante di canto è quello che sa trasferirti questo tipo di nozioni
educandoti al rispetto e alla conoscenza. La voce è uno strumento e come tale deve essere trattata, andresti mai da un insegnante di chitarra o pianoforte che nemmeno conosce come funziona il
proprio strumento?

Conoscere più metodi e tecniche possibili per facilitare il tuo apprendimento. Nel canto non esiste un metodo unico, ne esistono molti, ma questo probabilmente già lo saprai… il buon
insegnante di canto è quello che conosce questa grande varietà di metodi e che al momento giusto sa utilizzare quello che può essere più fruttuoso nel tuo percorso

Possedere una conoscenza per lo meno di base della teoria musicale e dell’armonia. Questo per metterti in condizione di comunicare in maniera corretta ed efficace con i musicisti.

Essere in grado di valorizzare la vocalità dell’allievo rispettandone l’individualità e i gusti.

Il buon insegnante di canto è colui che sa riconoscere i propri limiti e sa quando è il momento di lasciarti libero.

Parliamo di te: attualmente di cosa ti occupi?

In questo periodo di stop forzato causa pandemia globale mi sto ri dedicando alla didattica e lo sto facendo virtualmente attraverso il mio nuovo canale di youtube “l’anatomia per il cantante” (che è anche un LIBRO) dove mi sono proposta di creare video in cui parlo dell’anatomia e della fisiologia della voce e dove affronto le più svariate tematiche che riguardano la tecnica vocale e il canto anche avvalendomi dell’aiuto di grandi professionisti e medici famosi a livello nazionale come la Dott.ssa Silvia Magnani, il Dott. Alfonso Borragàn… Mi sto ri-dedicando alla didattica perchè negli ultimi anni ho lavorato molto come cantante e performer all’estero e dunque tutto il mio tempo era assorbito dall’attività live. Sono stata in tournee per 3 anni con uno spettacolo dedicato agli ABBA in cui rivesto il ruolo di Agnetha, la bionda del quartetto che mi ha sostanzialmente rapito e con cui dovremmo ripartire in tournee a partire dal prossimo Gennaio 2021. Attualmente sono in oltre nel cast del Cirque du Soleil con il quale avrei dovuto partire lo scorso Gennaio ma la cosa per ovvi motivi è stata interrotta, lavoro nei Marrano come produttrice e performer per lo spettacolo teatrale “con un pizzico di swing”, ho lavorato e lavoro come turnista e corista per pubblicità televisive o per progetti musicali inediti che necessitano di questo tipo di servizi, quando sono in Italian lavoro anche come corista in diverse cover band, ho un mio progetto di rock originale con cui ho
pubblicato tre dischi di inediti scritti da me e arrangiati dal produttore Inglese James D. Bell e usciti per l’All Out Music di Londra con lo pseudonimo di La Strange, e presto sarò di nuovo live con una fantastica
band con cui faremo cover hard rock.

Intervista agli STOLEN DREAM, l’alternative ambientalista veronese che convince

Gli Stolen Dream sono un gruppo ambientalista alternative metal composto da musicisti della Valpolicella, Verona. Nato alla fine del 2017, il gruppo ha da subito iniziato la sua attività live, per poi firmare nel 2019 con Orion Agency. Di seguito un’intervista con loro.

domande di Angela Volpe

Stolen Dream, band alternative emergente, innanzitutto perchè avete scelto questo nome?

Il nome della band si riferisce molto concretamente al sogno di un futuro che per motivi politici, economici ma soprattutto ambientali ci è già stato in parte rubato dalle generazioni passate. Lo stesso concetto è stato ripreso successivamente anche dalla nota attivista Greta Thunberg la quale esordì in uno dei numerosi interventi con la celebre frase “You have stolen my dreams”, denunciando la profonda ipocrisia ed il menefreghismo dei vari leader del mondo moderno, presenti e passati.

Da dove venite, ovvero quali sono le vostre eventuali esperienze musicali precedenti e da chi/cosa è ispirato il vostro stile?

Ognuno di noi nel corso degli anni ha avuto modo di approcciarsi a questo mondo attraverso diverse formazioni musicali, progetti ancora troppo acerbi e che per diversi motivi si sono conclusi prima del tempo. La nostra attuale formazione deriva proprio da una di queste realtà: Damiano (Batterista) e Filippo (Chitarrista) reduci da un’esperienza di “Cover Band” decidono di voler iniziare a dare del proprio in questo ambiente, nel giro di poche settimane chiamano a raccolta Leonardo (Cantante/Chitarrista) e Giacomo (Bassista). Con una formazione ormai definita e delle idee chiare in testa si iniziano finalmente a gettare le basi di quello che vuole essere un progetto completamente diverso dai precedenti. Per quanto una band cerchi sempre di risultare innovativa le influenze da parte delle band a cui maggiormente tengono i vari membri del gruppo si faranno sempre sentire, inutile negarlo; nel nostro caso sono molteplici ma ci limitiamo a citare solamente le principali: Nothing More, Alterbridge, Tool e Rage
Against The Machine
.

Come definireste la vostra musica?

Il genere con il quale possiamo meglio identificarci è l’Alternative Metal, visto il grande bacino di influenze e gusti dal quale possiamo attingere le nostre composizioni sono in tutto e per tutto un unione di diversi generi e sottogeneri del Metal, ma non solo: le nostre composizioni si prestano sia per Riff decisi che per ampie aperture melodiche, passando per groove che danno decisamente spazio al Basso, spesso troppo bistrattato in questo genere. Forse “Una carezza in testa abbinata ad una sberla decisa in pieno volto” potrebbe essere una valida sintesi.

Attualmente, di cosa si compone la vostra discografia?

Attualmente la nostra discografia comprende il nostro omonimo EP di esordio costituito da un intro ed altri 4 brani inediti, datato 2018; da
qualche parte si deve pur iniziare e quel progetto, sebbene sotto alcuni punti di vista acerbo ci ha aiutati a capire in che direzione guardare per il futuro. Infine abbiamo il nostro singolo Inhuman Race, rilasciato ad inizio 2020 e che ha completamente rivoluzionato il nostro sound rendendolo più fresco e moderno, proprio quello che volevamo. Questo brano farà inoltre parte dell’LP sul quale stiamo già lavorando sebbene, per ovvie cause di forza maggiore, sarà fatto slittare un po più avanti nella programmazione.

Il singolo Inhuman Race degli Stolen Dream

Come si svolge il songwriting, collaborate tutti o se ne occupa qualcuno in particolare?

Nel nostro songwriting le idee di ognuno sono fondamentali, tendenzialmente il singolo porta un’idea in sala sulla quale poi si inizia a costruire il brano lavorando sia in sala che a casa tramite le pre-produzioni curate dal nostro chitarrista e che vengono man mano aggiornate grazie soprattutto all’apporto musicale di tutti i componenti. Nella nostra formazione siamo tutti Autori, di brano in brano l’apporto creativo spesso varia tra i componenti ma ovviamente cerchiamo di bilanciare questo fattore di opera in opera, inoltre tutte le decisioni vengono prese insieme in modo tale che tutti possano essere pienamente soddisfatti del prodotto finale.

Avete un tema “preferito” per i vostri testi o seguite l’ispirazione del momento?

Ogni testo è ben studiato e calibrato su delle tematiche che a noi stanno molto a cuore. Il nostro primo EP parlava dell’essere umano da diversi punti di vista, criticando aspramente il suo operato ma allo stesso tempo con l’invito a fare tesoro di ciò per migliorarci come umanità, evitando di ripetere gli stessi errori fatti in passato. Con le nuove composizioni abbiamo deciso invece di concentrarci maggiormente su tematiche legate all’inquinamento e alle azioni nocive che l’uomo compie nei confronti del nostro pianeta. L’LP sul quale stiamo lavorando sarà infatti una sorta di “Concept Album” legato a questa tematica, l’obiettivo sarà ovviamente quello di richiamare l’attenzione sulla faccenda, per il momento non possiamo ancora rivelare la forma del contenuto ma possiamo anticipare che sarà un bel climax: tematico e musicale.

Qual è il vostro obiettivo a breve termine?

Il nostro prossimo passo sarà quello pubblicare un secondo singolo per dare il via alla presentazione dell’album stesso. L’idea sarebbe stata quella di pubblicarlo con relativo videoclip durante l’estate ma vista la situazione che si è venuta a creare ultimamente, il tutto verrà spostato in là di qualche mese.

Se poteste scegliere una band con cui collaborare per un brano, quale sarebbe?

Una delle band con la quale ci piacerebbe più collaborare sono gli
Entail of Crow, band Electronic Alternative Rock di Verona. Oltre a godere di un ottimo rapporto di amicizia con i singoli componenti, il mix delle due sonorità potrebbe dare vita a qualcosa di molto interessante sotto il punto di vista discografico.

Da NOTRE DAME a THE VOICE con una grazia sconfinata: l’intervista a ILARIA DE ANGELIS

Ilaria De Angelis è l’interprete di Notre dame de Parìs, certo, ma non solo. Conosciuta dal pubblico generalista attraverso The Voice, la cantante e attrice ha al suo attivo Jekyll & Hyde ed altri grandi musical. A questi si aggiungono alcuni ruoli televisivi, tra i quali Un posto al sole. L’intervista è effettuata in collaborazione con Eventsmaybe e la trasmissione “Quattro chiacchiere con…” di Marco Biasetti.

La video-intervista ad Ilaria De Angelis

intervista di Angela Volpe

Ilaria, tu sei entrata da giovanissima nel mondo dello spettacolo e hai avuto le più svariate esperienze, dalla recitazione agli spettacoli televisivi, musical, opera ecc… quale ricordi come più formativa?

Molto bella questa domanda, anche se faccio sempre fatica a rispondere. Sicuramente come impatto di palcoscenico e di scenario artistico Notre Dame de Paris è stata la prima esperienza veramente importante e grande, che ho fatto per più tempo. È lo spettacolo di cui ho fatto più repliche in assoluto, perciò è un’esperienza a cui sono tanto legata.

Un momento di Notre Dame

Ti ho vista sul palco dell’Arena di Verona con Notre Dame de Paris nei panni di Fiordaliso, ed eri già una cantante ad altissimo livello. Qualche anno dopo hai partecipato alla prima edizione di The Voice of Italy. Quali sono state le motivazioni che ti hanno spinta a partecipare? Ti è stato utile?

Ricordo l’esperienza a The Voice come diversa dalle altre cose che ho vissuto artisticamente. A The Voice sono capitata per caso, non ne conoscevo l’esistenza, all’epoca era diffuso all’estero e mi era capitato di vedere il meccanismo dei giudici di spalle, ma non sapevo che stesse arrivando in Italia e che stessero facendo i provini. In quel periodo non l’avevano pubblicizzato su larga scala, perciò erano alla ricerca di cantanti e una collega che aveva un progetto discografico all’attivo da far conoscere mi ha menzionata. Quando me ne ha parlato sono caduta dalle nuvole perché da una parte ne riconoscevo il valore, cioè la possibilità di farsi ascoltare senza che nessuno sappia cosa hai fatto prima, senza essere influenzati da quello che poteva essere il background (anche se gli autori e la redazione intervistano i partecipanti prima di arrivare davanti alle telecamere, perciò conoscono bene il tuo curriculum). Essere presentata al pubblico solo per come canto e non per quello che avevo fatto in precedenza per me era una bella sfida, che forse non è capitata in un periodo ideale, perché in quel momento non stavo preparando qualcosa di discografico quindi è stata un po’ un’occasione buttata via. Quando vai a un talent, pur con tutte le qualità che ti sono state riconosciute, è un peccato non avere un progetto o un’idea ben chiara di quello che stai proponendo. Però sono stata comunque contenta di aver fatto questa esperienza e di essermi misurata con quel tipo di programma.

Consiglieresti questa strada a chi vuole entrare nel mondo della musica?

Mi sento di dire che, se non per qualche progetto indipendente con qualche etichetta che lavora bene alle spalle, non vedo tante altre vie. Sono un po’ di anni che le case discografiche hanno poche possibilità di investimento a livello mediatico. e quindi il talent ti offre la possibilità di tagliare questi costi. Se se ne può fare a meno forse è meglio, perché non tutti abbiamo un carattere adatto per la tv. Occorre sapersi porre nel modo giusto e non tutti sono a proprio agio di fronte alla telecamere. Riconosco comunque che i talent sono una bella vetrina.

Nel 2000 sei stata tra le concorrenti di Miss Italia, quanto pensi che la tua bellezza abbia influenzato in modo positivo o negativo la tua carriera professionale?

All’epoca non c’erano i talent o dei programmi dove potersi proporre, se non la classica strada a Sanremo, o altri concorsi che non sempre avevano una credibilità. Ero attratta dalla televisione, dal potermi esprimere a 360 gradi, perciò ho utilizzato anche questa possibilità che però non era proprio adatta a me; me ne sono accorta quando ero già in trasmissione. Le esperienze servono anche per capire cosa va bene e cosa no. L’immagine, per me, più che una questione di estetica è una questione di coerenza: deve esserci una corrispondenza tra il tuo lato artistico e la tua immagine, per me è molto importante. In alcuni ruoli che mi sono trovata a ricoprire a teatro o nei musical era richiesto un certo tipo di estetica, alcune caratteristiche fisiche.

Fra tutte le persone che hai conosciuto nel mondo dello spettacolo, ce n’è una che ti ha ispirata o che è stata particolarmente importante per te, a livello umano e professionale?

Se ho davanti qualcuno che mi può insegnare qualcosa catturo tutto molto volentieri e ne faccio tesoro. Ho conosciuto tantissime persone non solo in campo musicale o attoriale, ma anche registi, redattori, truccatori, parrucchieri e le varie maestranze. Ho cercato di apprendere qualcosa di utile da ognuno.

Ti è rimasto un sogno nel cassetto?

Ne ho più di uno, ma sicuramente in questo momento uno dei miei sogni è scrivere uno spettacolo tutto mio e poterlo anche dirigere, visto che da un po’ di anni mi sono data alla regia. Mi piacerebbe un musical stile off Broadway, quindi pochi attori, o pochi cantanti/attori, magari anche della musica dal vivo, che ormai sta un po’ scarseggiando e mi dispiace molto. Uno spettacolo dove ci sia recitazione e canto con una storia emozionante, con una messa in scena che non abbia bisogno di grandi palcoscenici o grande platee, che possa essere visibile anche in teatri più piccoli.

La De Angelis in Casanova

Se potessi scegliere un qualsiasi artista che lavorasse nel tuo spettacolo, chi sarebbe e perché?

Io avrei pescato fra i miei colleghi, ho conosciuto persone con cui mi sono trovata molto bene, ad esempio Cristian Ruiz, che è un bravissimo performer o Francesco Antimiani. Conosco anche molte donne brave che potrei coinvolgere. Famosi non saprei, potrebbe essere Giancarlo Giannini, ma ce ne sono tanti altri, dipende da chi riuscirebbe ad adattarsi meglio alla storia.

C’è un’esperienza che non rifaresti? Perchè?

Senza voler rinnegare le mie scelte sbagliate, credo che non finirei l’università, perché sento di aver perso un po’ di tempo, sento che in quegli anni avrei potuto fare qualcos’altro più inerente al mio settore. Ho iniziato in punta di piedi a entrare nel mondo dello spettacolo e ci ho messo un po’ a capire che non era solo una passione, che avrei potuto vivere di questo. Forse ci ho pensato un po’ troppo, per testardaggine o eccesso di prudenza ho voluto finire gli studi perdendo un po’ di occasioni. Magari ci sono degli spettacoli che avrei potuto non fare, ma si impara dagli errori e va bene così.

Dentro o fuori

Blues o Funky

E’ difficile questa, dirò funky non tanto per un gusto musicale ma perchè quando ho iniziato ad affacciarmi al mondo della musica era il genere predominante, collegato al tiro, al groove. Non rinnego il blues, però il funky mi ricorda le origini, quello che mi capitava di cantare con le prime band e mi ha dato versatilità.

Spielberg o Tarantino

Amo tutti e due, adoro Spielberg ma mi sento più Tarantino, lo dico con umiltà, tra i due personaggi forse mi sento più simile a quel tipo di visione del mondo.

Fiordaliso o Esmeralda

Ho interpretato Fiordaliso, ma facevo il tifo per Esmeralda, che sicuramente è l’eroina dello spettacolo.

Fisico o digitale

Digitale, sposo le tecnologie attuali.

Brad Pitt o Giuseppe Conte

Brad Pitt tutta la vita! Riconosco che abbiamo un premier affascinante, lo trovo una persona molto raffinata ed elegante, ma Brad Pitt è un parametro di bellezza e fascino che non teme il tempo.

Ti ringrazio tantissimo Ilaria per la tua disponibilità e ti auguro il meglio per la tua carriera.

Grazie a voi, buona quarantena e speriamo di poter tornare presto a una normalità con maggiore consapevolezza.

Musicisti a casa? The Show Must Go On: cosa fanno gli artisti per mantenersi attivi e soddisfare il pubblico

di Angela Volpe (foto cover: Node)

La paralisi causata dal lockdown grava in modo pesante sul mondo della musica. Sebbene sia un momento devastante per il settore, uno spiraglio di speranza traspare dalla creatività degli artisti, che in questo momento di stop dalle consuete attività cercano strade alternative per raggiungere il proprio pubblico.

Non potrebbero essere più indicate le parole di Michele Guaitoli, voce dei Visions of Atlantis e Temperance: “Fare il musicista significa fare una di quelle professioni dove reinventarsi e sapersi adattare sono parole d’ordine fin dalle primissime esperienze. Questa pandemia è qualcosa che nessuno si sarebbe mai potuto aspettare…e che ha nuovamente messo alla prova chi vive in questo mondo”. In questo frangente, gli artisti si propongono al pubblico a distanza, sotto nuove vesti che rinnovano ed esaltano i talenti.

I Vision Of Atlantis hanno prodotto un videoclip rigorosamente a distanza della versione acustica di Nothing Lasts Forever.

Nelle prime fasi della quarantena è uscito anche il video del singolo Gold degli Anewrage, un brano intenso che trasmette un messaggio di incoraggiamento contro chi è vittima di atti di violenza, fisica o psicologica. Il 14 aprile la band ha pubblicato un’emozionante versione chitarra e voce “from quarantine”, riscaldata dal calore della voce di Axel Capurro accompagnata dal chitarrista Manuel Sanfilippo.

La band milanese ha inoltre in programma una serie di video dove rivisiterà in chiave acustica alcuni brani del loro repertorio, che verranno pubblicati sul loro canale YouTube con cadenza settimanale. Il primo brano scelto è Covet, per il quale era già stata incisa una riuscitissima versione “soft”.

Nonostante il blocco forzato abbia più lati negativi che positivi, in alcuni casi il tempo extra è produttivo per le band dal punto di vista compositivo, come racconta Gary D’Eramo, leader inarrestabile della storica band Node, che ha festeggiato il venticinquesimo anno di carriera: “Ho approfittato della situazione di lockdown per scrivere un sacco di materiale  per il prossimo album, oltre che realizzare, in contatto con gli altri ragazzi della band, un live videoclip con racchiuse le fasi salienti del tour del nostro 25esimo anniversario e un pezzo registrato dal vivo”. Il brano scelto per il video, Outpost fa parte dell’album più amato dai fans dei Node, Das Kapital, uscito nel 2004. È emblematico l’inizio del video, dove le prime parole pronunciate da Gary sul palco sono: “La libertà è finita”. La prossima produzione rappresenterà il settimo album della band. In arrivo inoltre, sui canali social dei Node, un brano a sorpresa che i musicisti hanno realizzato a distanza.

Anche Alessandro Ferrarese, batterista degli Anewrage, annuncia che è in arrivo un nuovo album, dopo l’ultimo full lenght pubblicato per Scarlet Records nel 2017, Life-related Symptoms: “Abbiamo cominciato già sei mesi fa a dare una forma vera e propria alle idee che avevamo solo abbozzato, ma ovviamente in questo periodo dove siamo a casa abbiamo il tempo di andare avanti in questo processo”.

Sia chiaro, non è merito della quarantena se potremo ascoltare nuovi dischi, poiché questi musicisti erano già in fase compositiva, come conferma Michele Guaitoli: “Sia i Vision of Atlantis che i Temperance sono band molto attive dal punto di vista studio. Stiamo lavorando su nuovo materiale da entrambe le parti ma questa non è una novità, non esiste un momento storico in cui non componiamo, scriviamo o ci prepariamo”, ma forse la reclusione forzata ha contribuito a poter dedicare maggiore energia a progetti già avviati.

Quasi tutte le band propongono dirette live sui propri canali social e interazioni virtuali, ma l’Italia è ancora lontana dalla possibilità di Live Streaming, come quello proposto dalla band svedese capitanata da Bjorn Strid, The Night Flight Orchestra, in diretta dal The Tivoli di Helsingborg (Svezia), che ha contato migliaia di partecipanti su Facebook (l’intervista a Bjorn è disponibile su Accesso Riservato). L’intero concerto è visibile sulla pagina Facebook della band e su YouTube.

Un concerto in diretta streaming è il prossimo passo auspicato dai musicisti, come conferma Michele Guaitoli: “Suonare insieme da paesi e città differenti è impossibile e la tecnologia attuale non permette di trovarsi online per suonare assieme con latenze accettabili. Non vediamo l’ora di poter tornare quantomeno a stare assieme tra di noi, per poter trasmettere un concerto in streaming come penso faranno i più non appena ci sarà la possibilità di spostarsi.”

Diciamolo: le alternative messe in atto in questo momento sono dei palliativi, i musicisti vogliono tornare sui palchi, ne hanno bisogno per sostentamento, sia economico che morale. Le tournee cancellate pesano sul cuore, oltre che sul portafoglio, come ci racconta Michele: “Con i Visions of Atlantis siamo dovuti tornare di corsa e con delle spese letteralmente folli dagli Stati Uniti, interrompendo il tour in corso con Dragonforce e Unleash the Archers, ed ovviamente sono stati cancellati i tour di aprile, maggio e tutti i festival estivi”.

È imprudente fare pronostici in tal senso, al momento, quello che possono fare i musicisti è non perdere il loro smalto, proponendo in modo credibile al pubblico di non smettere di seguirli. Una visione ottimistica potrebbe ipotizzare una maggiore partecipazione agli eventi live in futuro, come reazione al periodo di clausura; questo gioverebbe non solo agli artisti, ma a tutti i locali che riapriranno.

Concludo con le parole di Gary D’Eramo (Node): “Credo che in situazioni difficili come questa la creatività sia un’ancora di salvezza fondamentale”. Gary ne ha passate davvero tante in questi venticinque anni di carriera e non sarà certo il Covid a fermare lui e i suoi colleghi. La voglia di fare e ascoltare musica sopravviverà, questa non è un’ipotesi, ma un dato di fatto.

Siate coraggiosi.