UN MONDO PERFETTO: IL BRANO CHE ANTICIPA IL NUOVO ALBUM DI INEDITI DI THE NIRO

Esce il 17 marzo 2023, Un mondo perfetto, la nuova canzone di The Niro che anticipa l’omonimo album in arrivo a maggio per l’etichetta Esordisco.

A distanza di nove anni dal precedente album di inediti, e a quattro da The Complete Jeff Buckey and Gary Lucas Songbook (l’album che riunisce i 12 brani scritti a 4 mani da Jeff Buckey e dal chitarrista americano Gary Lucas, compresi 5 inediti), il cantautore romano torna con un nuovo lavoro, intimo ed emozionante, interamente cantato in italiano.

Preordina/Ascolta il brano sui digital store: https://bfan.link/un-mondo-perfetto

«Il brano racconta un incontro e la sua lenta trasformazione in uno scontro – dice The Niro. Dal “tutto è possibile” al “niente è possibile”; un riassunto di pochi minuti di una vita che sembra una riproposizione di tante altre storie vissute. Lo specchio di un’epoca in cui ci si sente meno responsabilizzati a capirsi e allo scegliere altre strade, alla ricerca di altri Mondi Perfetti».

Un andamento ritmico incalzante e ipnotico, tessiture armoniche che mescolano sapientemente strumenti acustici ed elettronici su ammalianti tappeti d’archi sostengono la superlativa vocalità di The Niro, che si muove senza sforzo attraverso una linea melodica avvincente, passando da bassi profondi a tonalità acute audaci, senza mai perdere in incisività e forza.

CREDITI

Testo e musica: The Niro

The Niro: voce, chitarra, basso, batteria, piano, percussioni, keyboard, cori

Roberto Procaccini: archi, synth

Produttori esecutivi: Pierre Ruiz e Paola Cimino

Prodotto da The Niro e Roberto Procaccini 

Arrangiamento: Roberto Procaccini e The Niro

Mix: Francesco Lo Cascio

Mastering: Giovanni Versari

Organizzazione e Ufficio stampa: Chiara Giorgi 

Progetto grafico: Cristian D’Aloia

Foto copertina: Paolo Soriani

BIO THE NIRO

Davide Combusti, in arte The Niro, ha all’attivo tre album usciti per la Universal: The Niro (2008), Best Wishes (2010) e 1969 (2014) mentre l’album del 2012 The Ship è stato pubblicato da Viceversa Records e distribuito da Emi. Proprio 1969 si distingue dalle precedenti opere per essere interamente scritto e cantato in italiano, come la sua title track presentata nella sezione Nuove proposte del 64° Festival di Sanremo. 

Molti i colleghi illustri che chiamano The Niro ad aprire i loro concerti. Tra i tanti Deep Purple, Amy Winehouse, Tom Hingley, leader degli Inspiral Carpets e Lou Barlow dei Dinosaur jr, Carmen Consoli, Isobel Campbell, Chris Leo, Gabriella Cilmi, One Republic, Afterhours, Caparezza, Malika Ayane. Apprezzato anche all’estero, si esibisce soprattutto tra Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti.

Nel 2019 The Niro viene chiamato da Gary Lucas per realizzare ‘The Complete Jeff Buckley and Gary Lucas Songbook’, album acclamato dalla critica contenente alcuni brani inediti nati dalla collaborazione dei due artisti americani. L’album, presentato in anteprima al The Cutting Room di New York, è entrato nella cinquina delle Targhe Tenco 2020 nella sezione ‘Album Interprete’.

Negli ultimi tempi, The Niro ha iniziato ad illustrare i suoi pensieri utilizzando il moniker “IllustriIllustrazioni”, facendo uso solamente di pennarelli Uniposca bianchi e neri su cartoncino nero. L’interpretazione di The Niro è a mano libera, istintiva e imperfetta, ma dalla forte identità.

The Niro è tra gli attori de Il primo giorno della mia vita, il nuovo film di Paolo Genovese, uscito nelle sale il 26 gennaio 2023.

Il nuovo album uscirà a maggio 2023, anticipato dalla title track Un mondo perfetto.

Segui The Niro:

FB: https://www.facebook.com/theniroofficial

IG: https://www.instagram.com/theniro_official/

YT: https://www.youtube.com/@TheNiroVEVO

CHIANLUCA live al GIARDINO sabato 11 marzo in apertura a FILIPPO DESTRIERI

Chianluca in arte, Gianluca Chiarelli nella vita di tutti i giorni. La dicotomia vive con l’artista, come testimonia anche questo caso. Poco importa se vive a Villafranca di Verona o a Ny. Più importante è sapere che l’11 marzo Chianluca suonerà al Giardino Music Club, uno dei locali veronesi più importanti, a ragion veduta.

Aprirà il concerto di Filippo Destrieri, storico tastierista di Franco Battiato. Che, seppur non citato nell’intervista, ha sicuramente avuto un influsso artistico sul nostro. Aldilà di questo l’occasione del Giardino sarà un modo per avere un’anteprima del disco di prossima pubblicazione.

Partiamo dalla data che terrai al Giardino. Che aspettative hai a riguardo e quali nei confronti del tuo nuovo disco?

Sono molto onorato di poter tornare per la seconda volta in un club storico come il Giardino. Le emozioni sono veramente tante e il mio genere è sempre stato perfetto per quel palco. Il nuovo disco sarà suonato in anteprima con la nuova formazione, in trio, che mi vede impegnato (per la prima volta) nel triplo ruolo di voce principale, synth bass e tastierista insieme a Gennaro Porcelli alla chitarra elettrica e Fabio Marcolongo alla batteria.

A proposito…come sono nate le nuove canzoni?

Sono nate in momenti molto diversi. Ad esempio la musica di Vivere all’infinito mi è venuta inaspettatamente mentre provavo uno dei pianoforti nel negozio di strumenti musicali ‘Zecchini’ a Verona, durante il periodo dell’università. Un’altra mi è venuta semplicemente dopo aver guardato un girasole mentre stavo riflettendo sulla vita…

Come è funzionato il lavoro in studio e chi ti ha accompagnato nel percorso?

Da un anno a questa parte sto collaborando con Discover Underground, in particolare con Stefano Cozzi, Simone Bertellini e Leonardo Morellato, un team di ragazzi con i quali ci occupiamo insieme di tutti gli aspetti a partire dalla produzione audio, mix, master a quella di video, foto etc. Un ambiente creativo molto stimolante.

Cosa puoi dire a riguardo dei singoli Disco Sapiens e La zucca nel castello

Disco Sapiens è una canzone un pò strana con la quale ho voluto strizzare l’occhio agli anni ’70 / ’80 e mi diverte molto suonarla dal vivo. È diversa da ogni altra mia canzone. Per quanto riguarda La zucca nel castello è una dei pochissimi brani in cui musica e testo sono nati pressoché contemporaneamente. Dal punto di vista produttivo è quella che ci ha fatto intuire (insieme al nuovo singolo che uscirà in primavera) quale potesse essere il vestito musicalmente adatto alle canzoni del disco e di quello che farò in futuro.

Ricordo chiaramente che ti esercitavi tantissimo al piano. Lo fai ancora e…qual è la tua strumentazione?

Certo! Ormai il vicinato mi conosce da sempre nel bene o nel male. Oltre ad esercitarmi al piano curo la voce ed eseguo ogni mattina vocalizzi come se dovessi fare un concerto anche nei periodi in cui non ne ho nessuno in programma.
Mi sono giusto da poco comprato un synth bass della Korg che affiancherà la mia storica Nord Stage con la quale emetto principalmente suoni tipo Fender Rhodes. In pratica d’ora in poi suonerò come il tastierista dei Doors, solo che dovrò anche cantare.

Quali sono i tuoi punti di riferimento musicali?

Da piccolo ascoltavo molta musica italiana come Lucio Battisti o i Pooh, che ho visto più volte dal vivo. Ho avuto la fortuna di poter incontrare dietro le quinte Roby Facchinetti. A vent’anni i Beatles sono diventati la mia ragione di vita a tal punto da averli portati come tesina scolastica all’esame di stato suonando Yesterday al pianoforte davanti ai professori. Hanno avuto un’influenza importante anche Genesis, David Bowie, Elvis Presley, The Beach Boys, Arctic Monkeys, Blur e Oasis.

Tra gli artisti underground e poco conosciuti chi citeresti, anche della stessa Verona, e perché? 

Seguo piuttosto limitatamente la scena underground veronese ma se proprio dovessi fare un nome direi gli Endless Harmony perché abbiamo iniziato più o meno parallelamente a fare concerti condividendo anche qualche volta il palco. Colgo l’occasione per citare il batterista Giuseppe Saggin e l’ex chitarrista Federico Costanzi che hanno collaborato direttamente insieme a me nella realizzazione del mio primo EP Preistoria.

Una città in cui sogni di suonare un giorno e il concerto tuo che ricordi con più nostalgia?

Un tempo avrei detto Roma o Milano e sono felice di poter affermare di aver suonato in entrambe. Probabilmente direi Londra, New York, Los Angeles o al Cavern Club di Liverpool anche se uno dei miei sogni più grandi forse sarebbe suonare nell’Arena di Verona, per la quale ho scritto la canzone Il centro dell’opera contenente nel già citato mio primo EP Preistoria uscito nel lontano 2020.

Ho avuto la fortuna di essere stato sempre abbastanza attivo dal punto di vista live già da prima dei 20 anni (ora ne ho 31, anche se non sembra) e provo nostalgia per quei primi concerti purtroppo irripetibili dove l’ansia da palco si faceva sentire gia un mese prima. Aver suonato per il 150° anniversario dell’Unita d’Italia nel Castello di Villafranca con il gruppo del liceo è uno di quei momenti.

Intervista a TONI BRUNA, tra concerti casalinghi e fuga dai social

di Francesco Bommartini

Seguo Toni Bruna da quanto ascoltai Formigole. Quel disco, probabilmente inviatomi per partecipare alle Targhe Tenco, era anche rientrato tra i miei votati, se la memoria non mi inganna. Sembra incredibile che un album cantautorale “classico”, in dialetto triestino, abbia colpito così tanto, e non solo il sottoscritto. Ma così è.

Sicuramente la figura del suo autore mi affascina: schivo (quantomeno sui social), partecipa a concerti a cui viene perlopiù invitato e si comporta in un modo totalmente differente rispetto al resto del mondo della musica. Ho quindi deciso di inviargli alcune domande.

Partiamo dall’inizio: perché hai deciso di dare il via al progetto e come é nato Formigole?

Credo che da una parte sia il risultato di una ricerca, il cui fine era trovare un modo strettamente personale per scrivere canzoni. Dall’altra, forse, questo progetto è nato in opposizione all’omologazione dettata dall’industria musicale. Non c’è stata grande pianificazione, come spesso accade, almeno per me. La musica sgorga da una
qualche fonte misteriosa, poi si possono provare ad analizzare a posteriori i motivi e le ragioni che l’hanno generata, ma è sempre un operazione che da risultati ambigui.

Sei rimasto sorpreso dal buon riscontro ottenuto da quell’album, alla luce anche del dialetto che utilizzi? A tal proposito: perché canti in dialetto?

Uscire con un qualsisi progetto musicale da Trieste è già un buon risultato, uscirne con uno in dialetto, per me, è stato e continua ad essere commovente. Non tanto per gli eventuali meriti personali ma per questioni legate alla natura della città e dei suoi abitanti. Trieste è un posto che ti porta ad abortire qualsiasi idea e iniziativa prima ancora di iniziarla, è un posto in cui si è portati a sabotare il lavoro degli altri ed il proprio, è un meccanismo psicologico profondamente radicato nella popolazione.
Canto in dialetto perchè questa è la mia prima lingua e forse, ancora, è la prima lingua parlata in città. Qui, a differenza di altri posti però, il dialetto non è un reperto da museo da tutelare e preservare, qui è una creatura ancora viva, è uno strumento per comunicare che viene reinventato quotidianamente dai parlanti.

Hai un modo particolare di promuovere il tuo progetto, ma anche molto interessante. Parlacene.

Non userei la parola promuovere, ho qualche difficoltà ad associare questo vocabolo al mio modo di fare musica. Sostituirei promuovere con “cercare di creare relazioni oneste tra chi scrive, suona e canta e chi ascolta”. Per me esiste lo scrivere e il fare musica, il resto segue una strada propria, le canzoni vanno dove vogliono andare.
Non uso i social perchè sento che non fanno al caso mio, ho provato a mettermici ma la sensazione che mi resta è quella per cui, il tempo passato a svolgere quell’attività, è tempo rubato alla vita. Per riuscire bene a “promuoversi” sui social bisogna passarci molto tempo e sinceramente preferisco fare altro. Questo meccanismo è ben visibile oggi, a mio parere, si vede che gli “artisti” che hanno successo, passano più tempo sui social che a far musica. A tutti gli effetti, nell’industria musicale, la musica è un elemento accessorio ormai.

Come affronti i concerti e come vivi la promozione dell’ultimo album?

Non ho nessuna strategia, se ci sono le condizioni, vado a suonare dove mi invitano.
Per una qualche magica coincidenza, la maggior parte delle volte, chi mi invita, sono belle persone che sono rimaste incuriosite dal mio lavoro e a cui fa piacere saperne di più. Mi piace pensare che se si lavora in maniera onesta e coerente, si producono opere che risuonano nelle persone, per cui questi valori sono importanti.

Ascolti musica italiana? Quali artisti senti di citare tra i tuoi preferiti, di ieri e di oggi?

La musica italiana non ha più rilevanza per me rispetto alla musica di un altro qualsiasi posto. Sono una creatura del confine e per fortuna non ho uno stato nazionale a cui far riferimento o a cui mi sento di appartenere. Non presto particolare attenzione a quello che succede musicalmente in Italia, probabilmente ci sono cose interessanti, ma coi tempi che corrono, penso che sia molto diffcile
scoprirle. Mi incuriosisce molto Bello Figo, è uno che riesce a star antipatico a tutti e non è facile.

Che progetti hai per il futuro?

Continuare nella direzione che ho preso già anni fa: perseguire l’obiettivo dell’indipendenza alimentare ed energetica, continuare a tessere la rete delle relazioni umane, credere nell’incredibile.

Intervista a TEDI BRUNETTI: la batterista e cantante parla del nuovo album Queen of Pittsburgh

Come hai cominciato a suonare la batteria e a cantare?

Ho iniziato a suonare la batteria e a cantare da adolescente in una rock band con alcuni amici delle superiori. La chitarra è in realtà il mio primo strumento. I tamburi non erano ammessi perché i miei genitori pensavano che fossero uno strumento da “ragazzi”. Hanno acconsentito a farmi studiare chitarra. Ho fatto abbastanza bene e mi hanno comprato una chitarra acustica. Ho iniziato a cantare e scrivere canzoni immediatamente, all’età di 11 anni. Quando sono stata abbastanza grande per trovare un lavoro dopo la scuola, ho preso i miei soldi e sono andata al centro commerciale. Lì mi sono iscritta a lezioni di batteria al negozio di musica locale. Mi sono unita alla band del liceo e ho trovato alcuni amici per formare una rock band. È stato allora che ho iniziato a suonare la batteria e a cantare.

Perché hai scelto la musica come tua più grande passione? E perché il blues?

La musica ha scelto me, non ho scelto io la musica. La musica è sempre stata un modo creativo per esprimere le mie emozioni. Quando ascolto musica sono IO! Sono io che canto, sono io che suono gli strumenti! Mi piacciono tutti i generi di musica, blues, classica, jazz, rock, R&B, latina… qualsiasi cosa fatta bene. Ho scelto di suonare musica influenzata dal blues per questo album perché è il fondamento della musica di oggi ed è familiare, e quindi facile da ascoltare per la maggior parte delle persone. Inoltre, poiché musicalmente il blues ha una struttura di base, accetta senza problemi le influenze jazz e rock, con cui mi piace abbellire le mie canzoni.

Quali sono le tue principali influenze?

Ho avuto molte influenze nel corso degli anni: da The Big Bands a The Beatles, Motown, Janis Joplin, Led Zepplin ecc. Stevie Wonder, Sting, Snarky Puppy e Oz Noy sono alcuni dei miei preferiti oggi.

Come hai vissuto l’allerta Covid?

Durante il lockdown mi sono rifugiata, con mio marito. Amo cucinare e ho potuto passare il tempo provando nuove ricette. Il Covid ha interrotto in modo benefico la produzione del mio ultimo album. Ci ha dato molto tempo per sederci con le tracce e assorbire ciò che avevamo fatto. Abbiamo aggiustato e perfezionato i mix e abbiamo un album eccellente, in parte perché abbiamo avuto il tempo di guardare tutto “al microscopio”, per così dire.

Quali sono alcuni dei significati dietro le tue canzoni?

Molte delle canzoni di questo album parlano della vita in città e della vita a Pittsburgh, USA. Amo Pittsburgh e spero che le persone siano abbastanza curiose da venire a trovarci.

Come affronti i concerti dal vivo, prima-durante-dopo? Raccontaci anche il processo di registrazione…

Giocavo nei club locali prima del Covid e ho ricominciato a scrivere. L’album dei Queen of Pittsburgh è iniziato come un progetto in studio. I miei produttori Dean Allen Sargent, chitarra-voce, e Michael Henegan, basso e voce, vivono a 6 ore di distanza nelle montagne Pocono. Sono diventati la mia band insieme a mio marito Jim Mason, alla chitarra solista. Il mio tastierista Harry Silver è a New York City. Quindi durante il Covid era impossibile fare concerti dal vivo. Il live streaming non era qualcosa di cui potevo trarre vantaggio a causa della distanza tra noi. Invece dei concerti dal vivo ho centrato il mio approccio visivo sui video musicali. Spero di tornare in tournée l’anno prossimo, quando spero saremo liberi di viaggiare all’estero, e di poter suonare in parti del mondo in cui non sono stata. Voglio sempre che i miei concerti dal vivo siano migliori dei miei album. Il mio obiettivo è fornire un’esperienza musicale e intima sensazionale per il pubblico.

Cos’hai pianificato per il futuro?

Sto costruendo la mia presenza online producendo piu’ video, migliorando il mio sito e aggiornando i miei social network. Poi cominceremo le prove per i live e comincerò la produzione per il prossimo album.

THE SAME OLD STORY, il nuovo singolo di MALO’ ai raggi x con un’intervista al cantautore

  • Perché hai deciso di camminare da solo come Malò dopo aver suonato in varie band musicali?

Come sai, appunto, ho sempre suonato in band ma sin dalla mia adolescenza ho scritto testi e associato suoni alle mie emozioni. Nel corso del primo lockdown ho deciso di prendere tutti questi pensieri, queste parole e questi suoni per renderli qualcosa di più definito da condividere con tutti

  • Quali obbiettivi ti prefiggi di raggiungere con questo tuo progetto?

Il mio obiettivo principale è quello di creare un legame sempre più stretto con la mia fan base che per me è davvero importante.
Altri obiettivi sono far uscire l’album da qui a pochissimo – ma non vi spoilero nulla – e tornare a suonare live davanti a tanta gente che ride balla e si abbraccia spensierata senza dover pensare alle regole poste, giustamente, per contenere l’emergenza da Covid.

  • Il singolo The same old story è in inglese. A cosa si deve questa scelta?

Domanda ricorrente (ride). Io ho sempre pensato che fare arte significa condividere un pezzetto della propria anima con chi ascolterà il brano, leggera il libro o guarderà il dipinto. Cantare in inglese mi permette di raggiungere e stabilire una connessione con più persone nel mondo. Ciò detto, non significa che non mi sentirete mai rivolgermi alla gente del nostro amato Paese nella nostra splendida lingua.

  • Leggo che tuo fratello è stato importante per la tua crescita musicale: come?

Esatto, Roberto è stato fondamentale nel mio percorso musicale. Grazie a lui mi sono approcciato per la prima volta alla musica ed ho deciso di iniziare a studiare teoria e pratica del pianoforte. Saranno stati i lunghi esercizi di solfeggio o la poca praticità sulla tastiera bianca e nera, ma appena mio fratello ha iniziato a suonare anche la chitarra oltre il sax, lì è scattato un amore incondizionato per le 6 corde e dopo poco anche per il basso elettrico.
Mi ha aiutato anche in un altro modo: da piccolo io non avevo un gran senso del tempo e non ero molto intonato e lui, da bravo fratello maggiore, mi prendeva un po’ in giro per questo e mi ha spronato come non mai a migliorarmi sempre più. Se oggi esisto come Malò lo devo sicuramente anche a Roberto!

  • Hai un passato da rocker, addirittura da metallaro. Come si configurano questi generi nel Malo’ di oggi?

Chi mi conosce meglio sa che ascolto di tutto. È facile sentirmi ascoltare un giorno il rap, un altro giorno il rock, poi il reggae, il jazz o il metal.
Malò è la summa di tutto ciò che ho imparato dai vari generi che ascolto e studio. Da questo punto di vista, mi piace pensare a questo progetto, a ciò che sono e ciò che creo come un viaggio tra le mille influenze musicali diverse che ho avuto nell’arco degli ultimi 13 anni.

  • Quali sono gli artisti italiani ed internazionali cui fai riferimento?

Non ci sono artisti nello specifico, anche se ho i miei artisti preferiti come tutti. Se proprio devo dirti un nome, ti dico Ren. Lui mi ha dato la forza e mi ha spronato in un momento difficile della mia vita e mi ha fatto decidere definitivamente di riscoprire la mia forza e tradurla in suoni e parole. Credo gli dedicherò una canzone (ride).

  • Ci sono dei problemi che noti nell’attuale situazione musicale italiana?

Mi avessi fatto questa domanda 6 o 7 anni fa ti avrei risposto sicuramente in maniera diversa. Ora ti dico che la scena musicale italiana e tutto ciò che a questa è connesso mi gasa. Vedo un’evoluzione interessante e costante che attira l’attenzione anche oltreoceano. Vedo tanta varietà e vedo, in un momento difficile, anche supporto da parte di alcuni attori del settore e delle istituzioni. Dopo lo shock iniziale, sono arrivate alcune good practice e le prime iniziative istituzionali: si pensi alla SIAE, al NuovoImaie e anche al Governo che ha adottato misure a riguardo nel decreto Cura Italia. Guardando le misure adottate da altri Paesi, sicuramente si potrebbe fare di più, ma penso anche che la ripartenza a tutto tondo sia supportata e sentita dalle istituzioni.

  • Cosa prevedi per il tuo futuro?

Ora sto rifinendo alcune cose dell’album ed ho iniziato a lavorare al secondo. Prevedo di non fermarmi un attimo nella scrittura, non perché non voglia ma perché ho così tanto da dire che le parole vengono fuori da sole.
Prevedo live in giro per la penisola in compagnia dei due grandi artisti, oltre che amici, Andrea Sandrone e Maurizio Belli. Sto lavorando a delle date all’estero ma, per ora, prendo tutto con le pinze, in attesa che il momento storico che stiamo vivendo si risolva e ci permetta di tornare a chiudere i bagagli anche all’ultimo minuto, pronti a partire per una nuova notte in compagnia dei fans e di chi non vede l’ora di scoprire te e la tua musica.

Interview to Mo Khan, rap in Urdu language from Pakistan

Rap? Yes. But in Urdu language. This is Mo Khan, that writes impressive tunes and has many opportunity to reach a nice success! If you can’t understand why…try to listen! Here the interview to explain this artist…

You live in the USA but you are from Pakistan. Can you speak about your roots and why you use Urdu?

Mo – Yes, I was born & raised in Karachi, Pakistan. I am 24 years old, born on April 21, 1997. I am glad, I was able to enjoy such a rich culture with some of the most amazing people who taught me through their experiences and knowledge. I belong to a middle class family so you’re either a Doctor, Engineer, or a Failure (Pun Intended). I moved to United States for family reasons, but I always had special attachment to my culture. Which is one of the main reasons why I try to use URDU in my music. I live in society where it is a norm to speak English, which is why sometimes I miss speaking URDU with me fellows. I use to write tracks in English, but one of my friend recommended me to write in URDU, so that way my culture & language can become part of my usual life.

How did you began with music?

Mo – I always had this obsession my entire life with Musical Artists. I use to mimic Pakistani / Indian singers like: Atif Aslam, Jawad Ahmed, Ustaad Nusrat Fateh Ali Khan, Arijit Singh etc. Few years ago, I started doing acoustic covers of their tracks. I use to post these clips / videos on my social media & the response I was receiving from people was immense. This motivated me to make more cover tracks. However, I wanted to start something of my own; which is why I started to write my own tracks. I always had this passion for music & singing, but recently I discovered that I can be a great rapper as well haha.


What are your main music influence and why?

Mo – My music in heavily influenced by several artists like: Eminem, NF, Ustaad Nusrat Fateh Ali Khan, J.Cole, Talha Anjum, Talha Yunus, Asim Azhar, SavageKey666 & a few others. The fact that I live in Atlanta unofficially makes me a Hip/Hop artist haha.

How do you think to take your songs to the mainstream? You think is possible?

Mo – I started music because I was passionate. I write tracks based on my personal experiences, my personal life & share insight with my fans & listeners. It is definitely possible as well. I never had mainstream media / market in mind. I do not target that audience & even if I make it to mainstream market one day, I will still be the same MO. My music will always distinct from promotion of Drugs, Sex, Wealth etc.

What will change Covid in the music distribution and living?

Mo – Covid has not only affected artists, but listeners as well. Let’s be honest. Who wouldn’t like to enjoy live performances from their favorite artists. Covid has cost Music industry around $10 Bill. in loss if I am accurate. Let’s hope this settles down soon, so all of us can get back to our normal lives. Prayers & Love to all the families affected by Covid.

How you live your relation with social media?

Mo – I like to keep my social media Public & Discreet. In simple words: “It is Visible, but Invisible” at the same time. I am also an Information Technology Student, so I like to keep it very simple. I do not post much information about me on Social Media, I post once every quarter year & I only post the information or pictures on social media which will not cause harm to me or my significant others incase of a compromise.

What are the next steps?

Mo – All I would like to say is: This is just the beginning, I am a Wanderer & I will let my skills take the wheel. Let’s hope for the best & see where the journey takes us. Thank you so much for having me.


Intervista con Jeseka Price, editrice e CEO di Houston

L’imprenditrice e produttrice di Houston, risponde a questa intervista.

1.) Puoi dirci cosa ti ha portato inizialmente alla musica e al business dell’editoria musicale?

Beh, direi suonare vari strumenti a partire dal pianoforte, ma anche prima ho sempre amato la musica e avevo tutte le cassette di Janet Jackson e Mary j. Ora quando si tratta di cosa mi ha fatto scegliere l’aspetto editoriale della musica, puoi sicuramente dire che ero completamente ispirata da Rap Mogul e da Rick Ross. Strana risposta ne sono sicuro, ma il suo modo di scrivere e i suoi testi hanno davvero nutrito la mia mente come un libro, che è una cosa potente e bella. Ma sfido chiunque a tornare al suo album The BlackMarket : se ascolti il ​​suo gioco di parole seguito dalla lettura di ciascuno versetto, allora comprenderai una ricchezza di conoscenze da accompagnare alla sua narrazione. E’ profonda, ancor di più se sei nero.

2.) Va bene, va bene, ha senso, e chi non ama Rick Ross, Bre?! Andando avanti, quindi: qual è il tuo processo creativo per quanto riguarda la creazione di un singolo?

E’ fondamentalmente la mia versione della terapia. Amo esplorare ciò che potrebbe essere. Esattamente quello che ho fatto con il nostro ultimo successo su Holly Anna Lisa

3.) Qual è un messaggio che vorresti dare ai musicisti più giovani?

Non arrenderti e credi solo in te stesso a tutto gas.

4.) Quale diresti che è il talento più inutile che possiedi?

Purtroppo è la mia voce, sì…è uno dei talenti più inutili, beh oltre a comunicare. Amo la musica ma non so cantare…sì, quindi in pratica mi concentro sul mio talento di scouting, come rappresentante A&R per Amada Records

5.) Cosa faresti in questo momento, se non fosse per la tua ambizione di portare a termine il tuo carriera musicale?

Onestamente, molto probabilmente sarei andata a scuola di ingegneria in studio di registrazione, lavorando anche part-time. E potrei ancora farlo (non c’è niente di sbagliato nel prendere quella strada, tra l’altro!).

6.) Cosa pensi riguardo a Internet e in che modo i social media hanno avuto un impatto sull’industria musicale, in generale?

Hmm, beh, se devo essere onesta… mi sento davvero come se Internet e i social media fossero entrambi una benedizione e una maledizione. Mentre tutto deve progredire, l’intero Internet e il mondo dei social media hanno avuto un impatto sulla musica positivo, in qualche modo, ma anche in peggio. In definitiva, cerco di rimanere positivo ma a volte non sopporto come Artisti di qualsiasi status sono basati, valutati e ripagati per la loro capacità di avere un enorme seguito. Questo porta solo a un amore falso, e quasi nessuno reale talento.

7.) Qual è la tua canzone preferita da trasmettere in streaming in questo momento? E quale il tuo artista preferito?

Hmm, attualmente direi una delle canzoni rap pop come “Should’ve Ducked” o “Voice of The Heroes”. Gli artisti preferiti nel genere trap in questo momento sono Lil Durk, Polo G, Pooh Shiesty, Lil Baby, Da Baby e Moneybagg Yo… semplicemente perché si presentano e si mostrano rispettosamente.

8.) Se potessi cambiare qualcosa nell’industria musicale, cosa cambieresti?

Bene, il New York Times ha appena pubblicato la pagella dell’industria musicale, con le 3 principali etichette musicali e degli editori delle aziende. Mi piacerebbe vedere più donne in tutti i ruoli.

Vuoi saperne di più su Jeseka Price e/o Price Royalty Publishing? Allora non dimenticare di seguirla su Instagram, Facebook e Twitter o visita il sito web della sua azienda al seguente link: www.priceroyaltypublishing.com

Welcome Back Marylin: la mostra di Bortolazzi dal 12 giugno al 18 luglio in Villa del Bene

Sarà inaugurata sabato 12 giugno Welcome Back Marylin, la mostra che Gianneugenio Bortolazzi dedica a Marylin Monroe. Sarà visitabile dal 13 giugno al 18 luglio nelle sale Tiziano e Raffaello del complesso monumentale di Villa Del Bene, a Volargne (Vr). G.B. Sarà la semplice firma dell’artista che sarà impressa sulle particolari visioni che vedono protagonista Marylin Monroe, attrice e figura
carismatica del ‘900.

Quest’ultima è stata replicata con varie tecniche dall’artista, che non ha posto limiti alla tipologia del supporto: tela, carta, faesite o plexiglas. I colori utilizzati sono acrilici ma anche vernici e cere. Per i tratti dei contorni talvolta è stato utilizzato il carboncino. ”Vuoi che diventi una nuvola?” oppure “Ti dava l’idea che mordendola” o ancora “ il sorriso di Marylin” sono alcuni dei nomi delle opere esposte.

Cosa c’è di meglio della bellezza per rinascere dalle ore buie che abbiamo vissuto? Non è la prima volta che Bortolazzi dedica le sue opere alla Monroe. In precedenza ha infatti organizzato Au revoir Marylin, altra mostra per la bionda e sensuale attrice, tenutasi in occasione del 50esimo anniversario della morte, nel 2012.

Per l’artista, Marylin rappresenta la bellezza. La bellezza strappata al tempo che fugge. Le visioni di Marylin rappresentate nelle varie sue opere esposte vogliono essere un omaggio alla donna e alla bellezza che racconta. “Belli non si nasce si diventa”, dice Bortolazzi, “la bellezza innata prima o poi finisce, perché il tempo passa per tutti e, soprattutto, passando lascia addosso i segni. Per me la bellezza
è la nostra capacità di regalare emozioni agli altri. Altrimenti, è soltanto estetismo, misura, limite”.

Infatti Norma Jeane, questo era il veno nome di Marylin, non voleva diventare ricca, sognava solo di essere bellissima. La bellezza è arte, è sogno, ricerca di verità e di immortalità. La bellezza è immaginazione, fantasia, intuizione delle forme. La bellezza non riguarda il fisico, ma il corpo. Non è nella perfezione gelida delle linee, per quanto lisce e sinuose, ma nello spirito che pervade la forma, nello sguardo, nel gesto, nell’andatura.


G.B. con le visioni di Marylin scruta un nuovo rinascimento, dove l’uomo deve riappropriarsi delle proprie scelte e del proprio destino, come aveva fatto lei. Le ore buie sono passate, ora è il momento della rinascita, del rinascimento. Marylin era innamorata del nostro Rinascimento.

La mostra prodotta da BHR Group e dalla Galleria di Arte Contemporanea di Villa Del Bene, sarà aperta fino al prossimo 18 luglio durante gli orari di apertura della Villa.

Prenotazioni su www.villadelbene.com

Intervista a MARCO PARENTE: il 23 maggio a Villa del Bene di Volargne di Dolcè (VR)

Domenica 23 maggio alle 18 Marco Parente sarà a Villa del Bene, uno spazio che a Verona mancava e che da ormai qualche tempo – pandemia permettendo – porta avanti un discorso qualitativo notevole, in grado di unire arte, musica, libri ed Eventi.

Fautore di questa rinascita per la zona di Volargne di Dolcé è l’associazione Cultura Innovativa che, grazie alla solerte collaborazione stretta con Anthill Booking di Davide Motta, e al sostegno dell’amministrazione comunale, sta creando un punto di riferimento. Anche per la musica.

le domande a Parente…

Come hai vissuto il 2020 e la pandemia in generale, sia sotto il profilo artistico che umano?

Purtroppo non riesco a scindere l’umano dall’artistico. Posso solo dire che ho molto accusato il colpo, all’inizio con la paura e poi con un’ansia bestiale. Ancora non ne siamo fuori, eppure ho la sensazioni che non abbiamo imparato la lezione. Ne veniamo fuori come degli idioti pieni di ego.

Come vivi il rapporto tra città e provincia? Te lo chiedo perché tu vivi a Firenze ma hai girato anche tanti luoghi di provincia nella tua attività artistica…

La mia infanzia, cioè il periodo più formativo della vita, l’ho passato in un paesino tra Arezzo e Firenze (Poppi). Questo continua ad essere la riserva di nutrimento per affrontare ciò che sono oggi. Nella provincia convive il meglio e il peggio di una comunità,  nelle città l’effimero di quel meglio e peggio.

Che rapporto ti lega oggi con Manuel Agnelli, Carmen Consoli e con le persone che facevano parte del Consorzio Produttori Indipendenti? 

Manuel lo considero un vero amico, Carmen una meteora istantanea, sul consorzio invece non sono ancora abbastanza obbiettivo per esprimere giudizi sensati.

Come si svolge una tua giornata tipo? 

Mi sveglio prestino, faccio colazione, mi lavo, mi vesto, prendo in mano la chitarra, sbrigo le commissioni della realtà…poi improvviso 🙂

Cosa pensi delle metodologie d’ascolto in streaming? Opportunità o limite?

A parte rarissimi casi, trovo il mezzo una magra consolazione. Mi sembra già abbastanza lo spazio e il potere che si prende la rete nella nostra vita. Il giorno che ci sarà un blackout generale, io so come continuare a suonare e farmi sentire, fosse anche solo il mio vicino di casa. Voi?

I migliori dischi dei Void of Silence

di Matteo Roncari

Tra le band che sono state fondamentali per lo sviluppo della mia personalità, crescita e sensibilità artistica ci sono sicuramente i VOID OF SILENCE.

Ho un aneddoto da raccontare a tal proposito: iniziai a interagire via mail nel lontano 2003 con Riccardo Conforti, uno dei principali compositori, che al tempo curava una rubrica di musica dark ambient per il mensile Flash Magazine.

Tra l’altro i nostri dialoghi erano inerenti esclusivamente la dark ambient/noise music e pertanto ignorai che appartenesse alla scena musicale. Appena arrivai a scoprire che Riccardo era uno dei membri dei VOID OF SILENCE, incuriosito e d’istinto, acquistai “Criteria ov 666”, che nella discografia rappresenta il loro secondo tassello.

Al primo ascolto rimasi un attimo distante ma come avviene nella maggior parte dei casi che mi riguardano, i dischi si imparano ad amare assimilandoli a poco a poco. E così ancora oggi “Criteria” è per me un disco unico nella mia “libreria musicale”.

Ma non è tutto: perché i VOID OF SILENCE sono l’unica band assieme ai NOVEMBRE a farmi considerare imprescindibili due loro lavori. Nel 2018 infatti è uscito “The sky over”, il loro ultimo full lenght, che è riuscito a sedurmi ancora di più rispetto ai predecessori anche grazie alla partecipazione vocale di Luca Soi, molto ispirato sia a livello vocale che nella stesura dei testi.

A livello musicale ho sempre adorato la tipologia e le modalità di composizione del duo Conforti/Zara, in grado di mescolare elementi legati al doom metal con elementi di musica elettronica e ambient molto ricercati e di notevole impatto.

1 – THE SKY OVER

Per me è ad oggi il capolavoro assoluto della band: per le tematiche trattate, per il gusto musicale, per il pathos che emana. Splendido il primo pezzo “The void Beyond”, così come gli intermezzi.

Notevole menzione anche per la title track e “Fartheless shores”: ma è tutto il disco a dover essere ascoltato nella sua interezza e consequenzialità. Una citazione particolare per me va alla strumentale “White light horizon” che chiude l’album in modo sublime e disteso grazie alle ritmiche di sinth e di chitarra acustica.

Bellissimo anche l’artwork curato da Francesco Gemelli.

2- CRITERIA OV 666

E’ il disco che mi ha fatto conoscere la band e che ha visto l’attività, oltre al duo Conforti/Zara, di Fabban degli Aborym. Un disco molto sentito, un incubo in musica anche grazie alla performance vocale dello stesso Fabban.

“Anthem for doomed youth”, “With no half-measure”, “Nothing immortal”, “The Ultimate supreme…” alternano riff violenti a momenti onirici e ricercati grazie all’effettistica elaborata da Conforti.  

Personalmente questo album mi ha donato la forza giusta per reagire a situazioni avverse e per questo motivo è ancora oggi per me seminale.

3- HUMAN ANTITHESIS

Anche in questo caso devo mettere al terzo posto questo album non per demerito rispetto ai precedenti, quanto per il fatto che c’è sempre una componente umana ed un trasporto emotivo o periodico che a mio modo di vedere incidono sul nostro approccio all’ascolto.

Va detto tuttavia che parliamo sempre di un capolavoro e non mancano elementi di magia assoluta: i venti minuti della title track valgono da soli l’acquisto del disco, così come “Grey Horizon” e “To a sickly child” dove la coppia Zara/Conforti si avvale del grande A.A.Nemtheanga alla voce.

Che dire poi dell’ultimo brano magnificamente interpretato dalla voce di Atratus dei Tronus Abyss, una lettura di una poesia di Baudelaire che rende i versi ancora più magniloquenti e sinistri.