Sono sornioni i Piccolo Blu, band irpina che dà alle stampe il disco Un altro stupido e alquanto discutibile album. E lo sono, per l’appunto, fin dal titolo. Ma pure nella traccia Una stanza bianca, con rime volutamente un po’ di maniere e un’atmosfera che ricorda un andamento battiatesco.
Mi rendo conto che il paragone potrà sembrare fuori luogo, a qualcuno. Mi spiego: i Piccolo Blu fanno rock. Battiato faceva altro. Quindi non sono epigoni, sia chiaro. Semplicemente delle dinamiche, alcune volte, un po’ trascinate, me lo hanno fatto pensare.
Entrando più nello specifico il loro lavoro risulta fresco, con una produzione vagamente dimessa (la voce è amalgamata con gli strumenti), testi piacevoli e una musicalità che – pur incastrandosi perfettamente con la tradizione rock italica – accenna ad atmosfere più eteree, con tastiere ben presenti (come nella ritmata Va tutto bene).
Non si negano, i ragazzi, tempi in levare (La notte delle streghe) e intro in linea con l’andazzo synth attuale (Bombay), fortunatamente solo accennato. Del resto l’intelaiatura rock, a volte più presente altre meno, non tradisce. E allora…avanti tutta!
Simpatiche alcune citazioni (“Ma se devo dirla tutta qui non è il paradiso…”, “Le notti non finiscono…”) che gettano ulteriore sale su una pietanza che già ha il suo sapore. Un’unicità quantomai apprezzabile in un tempo in cui l’indie italiano si è ormai raffazzonato con il mainstream, generando anche mostri non indifferenti.