di Matteo Roncari
Quando elenco i dischi che più hanno avuto influenza nella mia vita, qualsiasi band essa sia, amo associare le atmosfere create dalla musica ai ricordi, alle esperienze, agli stati d’animo. Parlare di una band come i NOVEMBRE per me non è affatto facile, tante sono le emozioni che ciclicamente si susseguono.
Scoperti per la prima volta nel 1999 mentre sedicenne mi trovavo in gita a Roma, acquistai “Classica” alla oramai Ricordi vicino Piazza di Spagna. Fu amore a primo ascolto: non solo le musiche ma anche i testi mi catturarono, e se a distanza di decenni nel mio lettore cd questo disco gira ancora qualcosa vorrà pur dire.
La parola chiave che mi lega a queste sonorità, a questi testi è una sola: empatia. Ho sempre creduto, e tuttora credo, che, con la loro musica, i Novembre siano riusciti ad esprimere ciò che io realmente sentivo dentro.
Ecco la mia top della discografia dei Novembre.
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1- CLASSICA
E’ il disco a cui sono più legato, che mi ha fatto scoprire la band e che ho sviscerato in ogni sua forma: dalla grafica alle melodie, dai riffs agli assoli fino ai testi, vere e proprie poesie. Pezzi duri e feroci come “Cold Blue steel” o “Tales from a Winter to come” o “L’epoque noire” , così come altri più dilatati e sognanti come “Nostalgiaplatz” e “Foto blu infinito” rimangono veri e propri capisaldi e raccontano emozioni autentiche che profumano di vissuto.
Ancora oggi quando riascolto l’album riesco a guardarmi indietro e vedere quel ragazzo sedicenne che si affacciava alla vita carico di sogni e speranze.

2- ARTE NOVECENTO
Da un punto di vista musicale è l’album che precede “Classica”; nella mia classifica personale dei dischi della band sono costretto a metterlo al secondo posto solo per il fatto che l’ho scoperto più tardi. Rispetto al suo successore ho sempre trovato “Arte Novecento” meno immediato e più ragionato, nella sua interezza molto diverso, intriso di dolore ed intensità.
“Pioggia… January tunes”, “Carnival”, “Worn Carillon”, “Remorse”, ma anche la cover dei Depeche Mode “Stripped” rendono questo disco unico ed obbligatorio l’acquisto.

3- WISH I COULD DREAM IT AGAIN / DREAMS D’AZUR
Metterei sullo stesso piano sia “Wish…”, il primo vero disco della band, sia “Dreams d’Azur”, ovvero la sua riregistrazione. La sensazione che ho avuto e che mi ha sempre stupito è la sua difficoltà e ricercatezza musicale, la maturazione compositiva e la sensibilità dei giovani membri della band che emergeva in modo squisitamente singolare e che si rifletteva in pezzi come “The dream of the old boats”, “Novembre”, “Sirens in filth”.
Un disco che io considero molto “Mediterraneo” e che mi riporta ai mari dorati del sud Italia.

Quando uscì questo album ricordo che si sprecarono i paragoni con gli svedesi Opeth anche se, personalmente parlando, io ho sempre trovato le due band sostanzialmente distanti tra loro. Trovai un album che mi colpì subito per la sperimentazione (Everasia), l’evoluzione naturale delle sonorità di Classica e la cura delle melodie (Come Pierrot, Conservatory Resonance, Venezia Dismal), così come il richiamo alle proprie origini (Child of the twilight).
Spiace inserirlo al quarto posto ma non si poteva fare altrimenti dal momento che i primi tre restano capolavori indiscutibili.

5 – THE BLUE
Al quinto posto inserisco “The blue”: lo reputo come il disco della consacrazione della band, sia a livello sonoro sia a livello compositivo. Ricordo che uscì un po’ in sordina, un solo anno dopo “Materia” e me ne innamorai nonostante gli echi dei dischi precedenti.
Ancora oggi le melodie di pezzi come “Iridescence”, “Cantus Christi”, “Cobalt of March”, “Nascence”, “Zenith” rimangono di valore assoluto.