Un debutto che non sembra tale. Questa è la prima cosa che mi è venuta in mente dopo pochi secondi dall’inizio di She Told Me, il primo brano contenuto nell’album Long Long Time. Tutto nel lavoro di Paul Haas è al posto giusto: il modo di suonare, la produzione, la voce. Country, folk e bluegrass sono i generi che si respirano mentre le tracce – 10 in tutto – scorrono. E lo fanno lisce, come l’olio. Lo sentirete il 26 giugno, data in cui il disco sarà reso pubblico.
Immergersi in Long Long Time equivale davvero a mettere i piedi sui polverosi territori dell’America che, da noi, viene vista come la più “vera”. Quella degli uomini schietti, delle donne generose, magari ancora legati alla terra, con qualche cavallo qua e là. E con il cappello da cowboy. Che, tra l’altro Paul Haas, indossa. E Haas ha anche un’etichetta, la Teahouse Records, disposta a mettere in commercio la sua opera.
Un lavoro derivativo, dite? Ok, ma tremendamente convincente. E coinvolgente. Sì perché le canzoni contenute nel disco sono perfette per far muovere le gente, per farla ridere e festeggiare. Mentre la band scambia energia. E questa passa anche attraverso i solchi di questo lavoro, prodotto da Chris Murphy, che ha lavorato con nomi di primo piano del panorama musicale, e si sente! Sue sono anche le incisioni di violino, dobro e di altri strumenti che rendono il risultato perfettamente convincente.
Haas è un vero figlio della California, che vive ancora nella sua città natale di Covina. Paul ha scritto canzoni nella sua camera da letto per 35 anni, sognando di diventare un artista, mentre in realtà era un genitore single e lavorava nel settore dei camion. Incredibile pensare che la sua prima registrazione sia avvenuta solo nel 2019, poco prima degli attuali 65 anni. Nelle sue parole e note ci sono Bob Wills e Buddy Holly, così come JJ Cale. Molti cantautori rivendicano queste influenze, ma Paul le ha dentro. Una totale incapacità, la sua, di non essere nient’altro che se stesso.