di Francesco Bommartini
Franco Fasano non avrebbe bisogno di presentazioni, se non fosse che l’autore è una figura dicotomica per il grande pubblico. Le canzoni si cantano, si omaggiano gli interpreti, ma spesso non si conoscono gli autori. Mi fa quindi particolarmente piacere la possibilità – fornitami dalla collaborazione con Eventsmaybe e la trasmissione “Quattro chiacchiere con…” di Marco Biasetti – di intervistare Fasano.
Dall’alto della sua esperienza: quali sono le competenze necessarie per scrivere una bella canzone?
Intuizione, spirito di osservazione e musicalità. A differenza delle
poesie o dei racconti una canzone ha bisogno di essere “cantabile”.
Il veicolo, a mio avviso, determinante è la capacità di saper unire “frasi melodiche” che possano essere la colonna sonora delle parole. Non è difficile per chi ha talento ma, come per tutte le cose, bisogna sapersi ascoltare.
Tra le sue partecipazioni sanremesi quali sono quelle che ricorda con più piacere e perché?
Tra interprete di me stesso e autore sono tante e ognuna ha la sua storia. Dopo l’esordio nel 1981 con Un isola alle Hawaii, il 1989 per me è stato magico e irripetibile Terzo posto nelle “Nuove proposte” con E quel giorno non mi perderai più e due brani in gara tra i big: La fine del mondo interpretata da Gigi Sabani e Ti lascerò che vinse anche grazie all’unione di due grandi voci: Fausto Leali e Anna Oxa. Nel 1990 grazie ad Adriano Aragozzini ritornò la grande orchestra e io c’ero con Vieni a stare qui, secondo sempre tra i “Giovani” per approdare finalmente nei “Big” in coppia con Flavia Fortunato due anni dopo. Difficile scegliere.
Mi può indicare qualche nuova leva delle musica italiana che
ha una marcia in più?
Non faccio nomi ma il livello delle voci si è notevolmente alzato. Forse quello manca è la personalità. Stranamente ci sono più cantanti che interpreti ma avverto la mancanza di autori di canzoni vere. Forse perché la melodia non è più considerata di moda. Intanto però si continuano a cantare le grandi canzoni del cosiddetto passato la cui forza sta proprio nella melodia. Un motivo ci sarà: ed è proprio nella cantabilità del loro “motivo” che è riuscito a imprimersi nella memoria di tanti al di là delle
generazioni.
Quali sono le tre canzoni che è più orgoglioso di avere scritto?
Le canzoni sono come dei figli. Alcune di esse riesce a darti più
soddisfazione di altre ma non per questo le considero migliori.
Comunque tre titoli? Mi manchi, Goccia dopo goccia e Una piccola
parte di te….per ora!

Cosa ama ascoltare negli ultimi tempi?
Non sono mai stato un grande ascoltatore di musica perché ho sempre investito il mio tempo a suonare, cantare e scrivere la mia. Oggi però la velocità con cui nel giro di un click su un link passi da Mozart ai Queen, da Puccini a Dalla o da Jannacci a Carlo Antonio Fortino…aiuta!
Quali sono gli artisti con cui vorrebbe aver lavorato ma non
è mai riuscito?
Tantissimi, troppi… Le voci per antonomasia ma anche cantautori, storici e più recenti, in cui ogni tanto mi riconosco nell’ascoltarli. A parte che non è mai detta l’ultima parola…

Deve scegliere uno solo dei due:
Birra o vino? Vino!
Battisti o De André? Battisti!
Pop o rock? Pop!
Beatles o Rolling Stones? Beatles!
P.s. Anche se una bella birra mi fa pensare alle estati ad Alassio o
ritornare ai tempi del liceo quando Blackmore dei Deep purple con
Smoke in the water illudeva tutti i chitarristi spronandoli a suonare
il famoso riff o Mick Jagger che, non ancora quarantenne, era già
da anni insoddisfatto..Forse perché non sapeva ancora con
certezza di sopravvivere a Il suonatore Jones!
Grazie infinite, ci aggiorniamo presto.